Francesco De Bartolomeis
Rinnovare il sistema formativo
Il testo è l'elaborazione ulteriore
di un saggio già compreso negli atti del 2° Convegno Cesp sul Tempo
Pieno. Pubblichiamo qui l'estratto sul Tempo Pieno e ringraziamo Francesco De
Bartolomeis anche per la preziosa attenzione con cui segue le iniziative del
Coordinamento
[...]
Il tempo pieno per ricerche e per sviluppi di rapporti
interpersonali
La centralità della ricerca a scuola, nei laboratori, in strutture fuori
della scuola portano necessariamente al tempo pieno. Non un tempo pieno che
si configuri come prolungamento al pomeriggio dello strazio del mattino, cioè
spiegazioni frontali, immobilità al posto di ascolto, assenza di rapporti
e di comunicazione tra gli allievi, nessuna traccia di lavoro su problemi con
i mezzi della ricerca.
È difendibile soltanto un tempo pieno come modello di rinnovamento che
collochi il sistema formativo nella città che educa. Un modello da generalizzare
che ha necessità di espandersi all’esterno per incontrare con modalità
collaborative, con piani e strumenti di ricerca istituzioni, beni culturali
e ambientali, servizi.
Sul tempo pieno si doveva fare un deciso passo avanti e invece al suo posto
un surrogato che si fonda su una opzionalità illegittima. Le condizioni
che rendono possibili un nuovo modello formativo portano a una inevitabile conclusione:
il tempo pieno deve essere obbligatorio. All’estensione temporale si lega
l’estensione spaziale delle attività: non solo aule e laboratori,
ma luoghi esterni di varia natura per sviluppare ricerche sul campo.
Lo stare a scuola e svolgere attività di apprendimento sono cose diverse,
e nella maggioranza dei casi la seconda manca. L’apprendere sicuramente
richiede tra l’altro un tempo più lungo di quello dedicato alla
sciagurata diade spiegazione-interrogazione che rimanda a casa l’apprendimento
inevitabilmente di tipo tradizionale. Un tempo più lungo per fare ricerche,
discutere, lavorare in gruppo, adoperare strumenti tecnologici, dedicarsi ad
attività produttive, uscire dalla scuola per raggiungere realtà
esterne da conoscere, documentare ecc. Per stabilire la durata del tempo scolastico
occorrono idee chiare sulle cose da fare e su come farle. Risulta che il tempo
pieno è necessario per l’apprendere e il produrre.
Il tempo pieno non è un limitato problema di organizzazione didattica;
è una scelta sociale con strumenti capaci di agire, tra l’altro,
sugli svantaggi e dare un senso nuovo al proseguimento degli studi e all’approdo
professionale. Non meno centrale, per il decondizionamento precoce, è
la cura del periodo 0-6 anni.
Il tempo pieno che usi mezzi e competenze per dare alla funzione formativa funzione
sociale fa mutare la condizione culturale di persone svantaggiate, influisce
su come vivono il presente e sulle loro prospettive per il futuro. Non basta
una nuova didattica. È decisiva una nuova collocazione del sistema formativo
nella organizzazione sociale e politica.
Alcune ragioni a sostegno di un tempo pieno come modello di una istituzione
formativa nuova:
- Il tempo pieno prima di essere una particolare invenzione didattica, frutto
della pedagogia progressista, è nella vita di un allievo ordinario.
Voglio dire: se a scuola non c’è il tempo pieno, sommando quello
che l’allievo fa a scuola e quello che è costretto a fare a casa
(i compiti) ne risulta un impegno orario che supera il tempo pieno. Quello
che non si fa a scuola con la necessaria assistenza dell’insegnante
(le varie attività di apprendimento) si fa a casa, di solito senza
un aiuto, con interferenza grave a danno di altri interessi e di altre attività.
Il tempo a casa viene invaso con contraddizioni e disagi. Proprio il tempo
pieno può liberare tempo a favore di interessi e di attività
che non riguardano la scuola e sono essenziali anche ai fini dello sviluppo
culturale. In assenza di tempo pieno, acquistano un ruolo pesante i compiti
a casa. Ma quanti studenti trovano a casa genitori disponibili e capaci di
aiutarli e di controllarli?
- Ristrutturazione del curricolo e conseguente distribuzione delle attività
secondo tempi e successioni non artificiosi. Se si pratica la ricerca, se
si entra in rapporto con realtà esterne, tempi e successione delle
attività non possono essere scandite in base a una fissa unità
oraria.
- Necessità di combattere la tecnica del differire che nega alla scuola
la funzione di luogo dove si apprendono conoscenze e abilità, ossia
bisogna saldare insegnamento, apprendimento e valutazione. Quattro i collegamenti
necessari del tempo pieno: ricerca, laboratori, espansione su realtà
esterne, nuove tecnologie. Sono condizioni dell’apprendimento.
- La specializzazione degli insegnanti già a livello di scuola dell’infanzia
e di scuola primaria rafforza la diversificazione. La specializzazione di
competenze e di attività professionali in ambito formativo favorisce
anche la mobilità professionale, la possibilità di assumere
compiti diversi dall’insegnamento all’interno del sistema formativo.
- La tipologia e la qualità delle attività di tempo libero hanno
una forte influenza nel caratterizzare i modi di vita. L’assenza del
tempo pieno o il suo basso livello qualitativo è motivo di inquinamento
del tempo libero, perché fa interferire con effetti di disturbo attività
legate alla scuola con altre attività non meno necessarie. Quindi diversificazione
educativa fuori della scuola e indipendente dalla scuola.
- Non è un sovrappiù il rapporto con la bellezza. Quella che
si incontra non solo nei musei ma anche nella vita ordinaria, nell’ambiente.
Bellezza naturale, semplice, economica. La bellezza e la poesia nel senso
più generale.
- Particolare attenzione per quella che si chiamava cultura materiale, ma
che ora si presenta, con fondata ambizione, come sociologia delle civiltà
complesse. Le civiltà sono sempre complesse, e perciò per quanto
l’attenzione sia localistica è inevitabile fare uscire la ricerca
dai limiti del sistema considerato perché è collegato a sistemi
progressivamente più ampi.
Se si attivano ricerche, anche nei piccoli centri si incontrano importanti
fatti storici che tolgono il piccolo dall’isolamento e lo collegano
alla storia senza aggettivi. Una pieve, un castello, le abitazioni, le strade
di comunicazione, le attività produttive offrono l’occasione
di ampliare e di approfondire l’indagine. Ciò che definiamo "locale"
ha sempre rapporti con eventi storici e attuali di aree molto vaste, ed è
compenetrato dalle nuove tecnologie di informazione.
- Non solo conoscenza ma attività di produzione. Con la produzione,
nei laboratori scolastici e territoriali, la conoscenza si approfondisce,
può scendere nei particolari, comprendere relazioni di parti e struttura
dell’insieme. È necessaria l’interdisciplinarità.
Le attività conoscitive e produttive riguardanti l’utilizzazione
delle opportunità della "città educativa" devono essere
previste dalla programmazione e dall’organizzazione come dettagliata
offerta educativa.
Le metodologie di ricerca hanno diversa fisionomia a seconda del settore a
cui si applicano. Prima di essere metodo, la ricerca è modalità
dell’apprendere e del produrre. La ricerca in relazione alle particolarità
dei settori richiede la collaborazione programmata di esperti diversi dagli
insegnanti di sezioni e di classi.
- Il lavoro come attività produttiva e come studio del ruolo che ha
nei mutamenti sociali. Quindi lavoro come tecnologia e cultura sociale e storica.
- I propositi di innovazione, se organizzati in progetti, non hanno niente
a che fare con la programmazione rituale. Da prevedere che gli insegnanti
agiscano come gruppo e collaborino sia con professionisti della formazione
con compiti non di insegnamento sia con esperti esterni. Mediante l’utilizzazione
normale, ossia continuativa e sistematica di esperti esterni la scuola ha
la possibilità di affacciarsi sulla innovazione culturale e di esserne
stimolata.
- Modalità di aggiornamento in rapporto a progetti di innovazione.
Si è motivati nell’aggiornamento se serve ad acquisire conoscenze
e abilità che anzitutto danno la sicurezza di essere migliori come
persone e se ci sono le condizioni per servirsi di ciò che si è
appreso per apportare mutamenti innovativi nel proprio lavoro che così
si arricchisce di motivi gratificanti.
- Il tempo pieno offre concrete opportunità per sviluppare programmi
di recupero necessari per trattare ritardi culturali, difficoltà a
collaborare, a inserirsi nel ritmo medio della classe. Niente che rassomigli
al dopo scuola o a lezioni private. La dimensione dovrebbe essere quella del
piccolo gruppo. Quando fu proposto il recupero ci fu una sollevazione generale.
Le solite ottuse obiezioni: serie A e serie B, discriminazione e simili. In
verità si volle sfuggire al compito di inventare il recupero. Non esiste
un kit bello e pronto: bisogna prepararsi, mette a punto idee, sperimentare,
perfezionare.
- Uso di nuove tecnologie. Dalle macchine fotografiche e dalle videocamere
digitali al computer e a una grande varietà di programmi informatici
(Power Point,, Pinnacle, Publisher, Photoshop ecc.). Le tecnologie devono
contribuire a unificare insegnamento, apprendimento, valutazione
- Documentazione multimediale in entrata e in uscita (libri, internet, video,
cd) per progettare, svolgere attività, verificare.
- Le famiglie per non avversare il rinnovamento devono pesare con la partecipazione
ad attività educative e non secondo il credo privatistico della controriforma
Moratti.
- Piani di educazione permanente hanno bisogno di basarsi sulla buona qualità
del sistema formativo. Non provo neppure a elencare i principali problemi
che impegnano il tempo di vita nella formazione fino a 22-24 anni. Dai problemi
delle città sostenibili delle bambine e dei bambini si prosegue fino
a incontrare l’orientamento scolastico e professionale, la cultura del
lavoro, il disagio giovanile, la droga, alcol, fumo, dissipazione di potenzialità
e conformismo (in non pochi casi dissipazione della vita), difficoltà
di rapporto degli adulti con i giovani. La formazione permanente va al di
là di compiti specificamente professionali.
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