Nell’accezione comune la compresenza
è l’atto di essere presente con altri nella stessa classe, funzione
svolta da due o più docenti soprattutto nella scuola elementare e media
e, in misura limitata, negli altri ordini di scuola.
La compresenza si attua in varie forme: sia con gli insegnanti impegnati insieme
sulla classe, sia in azioni che coinvolgono piccoli gruppi di allievi. A questo
primo livello di analisi si può dire che essa svolge una funzione puramente
sommatoria di presenze all’interno della classe; quando ciò accade
non aggiunge tanto alla qualità della scuola giacché la semplice
presentia fisica non scalfisce la qualità dell’accoglienza-ascolto
dell’altro. Quando invece la compresenza diviene cum-praesentia, cioè
intenzione comune, o meglio strategia comune dell’agire, intesa non solo
come stare nello stesso luogo, ma il farlo tendendo insieme ad un obiettivo,
allora crescono forme e modalità didattiche ed educative virtuose che
dovrebbe essere/divenire patrimonio comune di tutti docenti.
Quali sono gli elementi contenuti nella compresenza?
Innanzitutto l’essere presenti in carne, pensiero, azioni: una compresenza
efficace agisce sulla classe in modo vario, esplicandosi (solitamente) in azioni
didattiche di laboratorio sul campo vivo della ricerca-azione, articolandosi
(raramente) in lezioni “frontali”.
Se analizziamo più in profondità cosa rende efficace l’azione
contemporanea di più docenti ci accorgiamo che vi sono almeno sei elementi
imprescindibili su cui siamo chiamati a riflettere:
La co-progettazione. Questa fase precede l’atto di essere compresenti.
Senza questo elemento come si può efficacemente armonizzare l’azione
dei diversi docenti? È evidente che l’insegnante di area deve dialetticamente
confrontarsi con il/la collega di area differente e con eventuali insegnanti
di laboratorio e di sostegno, pena l’inefficacia dell’intervento
sul piano qualitativo.
La dimensione di ricerca laboratoriale. Essa è possibile solo attraverso
l’azione di più soggetti docenti che insieme ricercano e concorrono
a sviluppare il processo di apprendimento attraverso la ricerca da parte degli
alunni. Con la compresenza si è riusciti, nelle migliori esperienze italiane,
a svolgere quella ricerca-azione che rende possibile il superamento della didattica
frontale, facilitando la comprensione del processo di formazione del pensiero,
la formulazione e verifica di ipotesi, la sperimentazione in laboratorio delle
idee che si sono elaborate precedentemente.
Il confronto metodologico e didattico. Essa è fonte di grandi esperienze
didattiche e di grandi scontri ove “pòlemos” prevale a volte
sull’equilibrio e sulla neutralità (possibile?) a causa della necessaria
opera di confronto che viene indotta dall’essere compresenti nell’azione
didattica. Il confronto è reso non solo possibile ma indispensabile attraverso
la compresenza poiché i docenti che intervengono non sono “neutrali”
e il loro approccio metodologico viene registrato dagli alunni con una attenzione
troppo spesso sottovalutata. I bambini assimilano le diverse modalità,
vi si rapportano, ne assorbono il metodo e arricchiscono il loro modo di interpretare
le discipline in forma pluritematizzante. Non si dà una disciplina “scollata”
dalle altre e dal resto del patrimonio culturale umano, così come non
si possono isolare i metodi come se fossero pure entità strumentali.
Anzi l’intreccio di metodologie, se correttamente gestite attraverso il
confronto, determina un arricchimento generale degli alunni e dei docenti. Verso
questi ultimi si potrebbe dire che l’azione in compresenza dovrebbe essere
inclusa nella cultura professionale dei neodocenti fin dalla scuola di formazione.
Quanta esperienza si acquisisce agendo in contemporaneità con un collega
professionalmente più esperto?
Il confronto di diverse concezioni del mondo e punti di vista. Questa dimensione
agisce tra i docenti, tra gli studenti e tra i diversi approcci dei docenti
con cui tutti si misurano nel processo educativo. Va da sé che ciascun
docente porta agli allievi “la propria concezione del mondo” in
un confronto dialettico che si deve esplicare in modo assolutamente trasparente
nella compresenza, nonostante tutte le mediazioni culturali e linguistiche possibili.
Se la dialettica viene esercitata in modo corretto anche queste differenze divengono
fonte di ricchezza per lo studente che in formazione.
L’uso del tempo e degli spazi. Nella compresenza si delinea un uso diverso
delle ore di lezione (tempo disteso) e, attraverso la ricerca di laboratorio,
un uso diverso degli spazi (laboratori e spazi didattici specifici). Si passa
dalla scuola “seduta” alla dimensione del conoscere pratico, svolto
in un processo comune, dove ciò che si scopre è spesso imprevisto.
Questo passo è decisivo nella qualità della formazione scolastica
ma troppo spesso viene ignorato, si cerca di ottimizzare risorse, si risparmia
senza criterio, finendo per non affrontare il tema della scuola “seduta”
ancora eccessiva nell’attuale sistema, ove gli allievi passano ore al
banco ad ascoltare, senza interazione, anziché sperimentare le proprie
capacità psicomotorie e teorico-pratiche.
L’attenzione ai soggetti più deboli. Ascolto, attenzione, individualizzazione
del percorso formativo sono rese possibili nella/dalla compresenza. In assenza
di questo apporto plurimo, difficilmente si trovano le energie per dare ascolto
e voce a tutti gli alunni. Attraverso la compresenza è possibile svolgere
le attività in piccolo gruppo, magari con l’intervento specifico
dell’insegnante di sostegno (rarissimo esempio di integrazione nel panorama
scolastico mondiale), offrendo pari opportunità a tutti gli alunni in
situazione di disagio.
Negli ultimi anni si è assistito a vari tentativi di sospendere o eliminare
l’istituto della compresenza. Prima l’accordo sindacale che destinava
una parte cospicua delle ore di compresenza alle supplenze, operazione ignobile
di autofinanziamento e di svuotamento della qualità del modello; in questi
giorni la provocazione morattiana di abolire del tutto l’istitito lasciandolo
solo laddove risultino organici in eccesso. Perché la si vuole eliminare
a tutti i costi? La compresenza spaventa?
A volte crea fastidio anche in una parte del corpo docente, poiché richiede
grandi capacità di mediazione e di lavoro collegiale. Urta contro le
eventuali derive corporative, svolge un ruolo di democrazia quotidiana tra i
soggetti e pone TUTTI i docenti sullo stesso piano. Ma ciò rappresenta
solo una parte del problema. Più spesso, la compresenza è invisa
alla parte dirigente del ministero dell’istruzione perché ai Loro
occhi, rappresenta un costo economico e un elemento di forte democratizzazione
del sistema scolastico. Ciò infastidisce parecchio. Soprattutto se si
vuole instaurare un modello veriticistico-aziendale nel sistema di istruzione
pubblica. Occorre però che sia chiaro a tutti: ricercatori, studiosi,
governanti, semplici utenti, che questo particolare modello di scuola e di co-didattica
è stato uno dei migliori investimenti di ampio respiro all’interno
della scuola italiana.
Vedi anche: tempo,
silenzi,
handicap
disabili e diversamente abili