Stefano Borgarelli, insegnante d’italiano in un Itis, Mestre-Venezia
“Non eseguono le consegne!” sbotta la collega. 
    Mi suona come il fatidico “trend” di quella giornalista alle prese 
    con un Nanni Moretti in accappatoio e cuffia da pallanuotista, per un’ardua 
    intervista lungo il bordo d’una piscina (il film era “Palombella 
    rossa”). Siamo invece in un corridoio, finita la sesta ora, e la collega 
    è appena uscita – crucciata più del solito – da 
    una classe dove non fanno i compiti per casa (questo voleva dire sbottando). 
    Piuttosto che un ceffone (da morettiani di stretta osservanza), la cosa merita 
    una riflessione. 
    Consegna: “nell'esercito e nella marina, l'insieme degli ordini che 
    un subordinato riceve dai propri superiori in merito ai compiti da assolvere 
    sotto la propria responsabilità: non rispettare la consegna, libro 
    delle consegne, registro di una nave da guerra sul quale il comandante in 
    seconda scrive ogni sera i compiti che l'equipaggio dovrà assolvere 
    il giorno successivo.” (De Mauro). Da quanto tempo aule e corridoi sono 
    cabine e ponti di navi da guerra? Almeno da quando l’alto comando del 
    ceto buro-pedagogico prese a diramare verso il “basso” certe schede 
    di valutazione – correva l’anno 1995 – con dentro tutto 
    un lessico parabellico: “obiettivo”, “somministrare batteria 
    di test”, “Via!/Alt!” (ordini per far iniziare/finire la 
    batteria di test, v./cfr. G. Armellini in Chi valuta chi e perché, 
    Atti dell’incontro nazionale, clicca su “Pubblicazioni” 
    nel sito dell’Autoriforma 
    Gentile). 
    Complementare al gergo bellico è la sua attenuazione diplomatica – 
    la scuola sta con un piede nel vecchio mondo delle guerre non asimmetriche, 
    dove la diplomazia aveva ancora un peso. Per dire che una bella fetta di “utenti”, 
    durante le lezioni (“frontali” non serve, l’ha fatto notare 
    Paola Mastrocola a un convegno di Treviso del 15/4/05) si fa gli affari suoi, 
    il docente di lettere (più ferrato con gli eufemismi nell’esercizio 
    dell’ipocrisia) registra a verbale che: “La classe non partecipa 
    sempre attivamente al dialogo educativo”. Per comunicare alla famiglia 
    dell’utente/cliente Pierino che il figlio non ha ancora tolto il manuale 
    dal cellophane – ossia non ha “eseguito le consegne” – 
    diciamo che Pierino appare “demotivato, chiuso”. Come il libro. 
    Spesso restano chiusi tutt’e due – il libro e Pierino – 
    tutto l’anno.
    Epurati o meno, gli alti comandi usano (useranno) un vocabolario ormai largamente 
    unificato. I comandanti in seconda restano divisi tra allineati e insofferenti. 
    Cercheranno d’ammutinarsi almeno questi ultimi, buttando fuori bordo 
    (dai ponti, dalle cabine) i prontuari di navigazione pervasi da quel lessico 
    parabellico?
Vedi anche: valutazione (didattica).