Scuola materna, … oggi, … scuola dell’infanzia,
… tante parole sono state spese per definirla, la società ed il
potere politico s’interrogano su riforme, cambiamenti e stravolgimenti
del sistema formativo tenendo al centro esclusivamente tematiche organizzative
e curriculari.
Vestiti vecchi, logori e sgualciti hanno un fiore all’occhiello sempre
più nuovo e sfavillante che abbaglia i “non addetti ai lavori”,
l’opinione pubblica, la nuova famiglia anello debole di una società
che ricorda tanto re e regine di carta nel mondo di Alice nel paese delle meraviglie.
In questa società che appare, parrebbe scontato pensare essere questo
il migliore dei mondi possibili e che la scuola e l’educazione dei nostri
figli sia logicamente connessa a questo pseudo sviluppo che chiamiamo globalizzazione.
I mezzi di comunicazione di massa del “villaggio globale” dove ci
hanno portato? C’è un dibattito culturale sul valore profondo,
educativo degli stili, degli atteggiamenti e dei principi fondamentali dell’esistenza
proposti alle nuove generazioni? Quale educazione? Per quale uomo? Per quale
futuro? E’ tempo di titoli, master, curricula, mansionari, scuola-azienda,
dirigenti e manager.
NO, io dico no, questo non è il migliore dei mondi possibili!
Soprattutto questa non è la migliore educazione possibile. La scuola
dell’infanzia in primis, e tutta la scuola di ogni ordine e grado, deve
riappropriarsi, fondandovi il suo “credo”, del pensiero dei fondatori
della pedagogia popolare italiana, Bruno Ciari, Lorenzo Dilani, Mario Lodi,
innalzati sull’altare della gloria ma oggi svuotati del loro senso originario
e considerati obsoleti. Unica pedagogia, questa, “uscita” dai libri
ed entrata nei pensieri e nel cuore della gente, dei maestri, dei direttori
delle mamme e dei papà.
Credere con forza e passione nel bambino e sostenere tutto ciò che lo
circonda perché lo aiuta a crescere, muoversi coerentemente e far propri,
pochi ma fermi principi guida che sostengono il nostro comportamento educativo
responsabile e finalizzato. Quello che conta è, che, in prima persona,
bisogna con l’esempio farsi gente tra la gente, pensarsi e agire come
popolo.
Suona maledettamente demagogico? Si, è vero! Però
chissà perché quando si parla di sentimenti forti e gesti semplici,
avvertiamo subito questo stridore. Forse perché è più facile
essere scettici, distanti e non credere più a nulla come questa società
cannibale ci sta abituando. La famiglia, come la società, non riesce
più a ricostruire la propria storia e il proprio ruolo con un processo
che parte dal basso, d’interpretazione della realtà, dei veri bisogni
e delle dinamiche sociali perché questa capacità rappresenta il
nostro patrimonio collettivo e comunitario fortemente in crisi.
La scuola dell’infanzia, consapevole delle problematiche sociali esistenti
e del fatto che non vi può essere crescita e apprendimento per un bambino
se non vi è crescita e maturità per l’ambiente adulto che
lo circonda, deve sostenere l’anello debole nella triade educativa, la
famiglia. Consapevole delle proprie azioni e della possibilità d’incidenza
di queste, ferma sulle proprie considerazioni critiche, nella capacità
d’indignarsi e di non accondiscendere, impegnata civilmente sul territorio
a promuovere incontri, attività e vita culturale, deve muovere famiglie
e bambini in laboratori condivisi finalizzati al bene e all’interesse
comune.
Ridiamo un senso alla partecipazione della famiglia, alla vita socio-culturale
della scuola dell’infanzia, riempiamola di contenuti autentici. Costruiamo
insieme un ambiente BUONO, vale a dire che abbia il meglio per adulti e bambini
(in cui benessere, autonomia, socialità, apprendimento, convivialità,
creatività, riposo, gioco, comunicazione, conoscenza, sperimentazione
abbiano la possibilità di attuarsi, manifestarsi e arricchirsi) e BELLO
cioè una scuola che rifletta la cura per il luogo in cui si vive (uno
spazio sicuro, accogliente, curato, colorato, colto, attento, morbido, allegro
che cattura e incuriosisce continuamente bambini e adulti per farli sentire
a loro agio, motivati ad esplorarlo, rispettandolo, rassicurati dalla piacevolezza).
Sperimentiamo e rispettiamo la scuola dell’infanzia come uno spazio dei
bambini, delle insegnanti, delle dade, delle mamme, dei papà, dei nonni,
dei vicini e di chi vorrà usufruirne, sentendo di costruire insieme non
solo la storia della nostra scuola, ma la storia di un pezzetto di società
vera e autentica. Cosa succederebbe se moltiplicassimo questa esperienza? Rispondete
voi a questa domanda. Intanto non facciamoci travolgere dai cambiamenti superficiali
in corso, allontaniamo l’incertezza che da questi è generata, riappropriamoci
delle nostre concrete e solide radici da cui partire per provare a regalare
un mondo migliore alle nuove generazioni.
Vedi anche: comunicazione efficace, cooperazione, discussione,
relazione