Come nella legge 53 si prevedono i due sistemi, licei e istruzione e formazione professionale regionale, che vengono definiti di pari dignità, ma poi nell'articolazione viene chiaramente evidenziata la grande differenza (obiettivi, orari, abilitazione degli insegnanti e loro rapporto di lavoro e altro). Alcuni punti dell'art. 1:
- il secondo ciclo deve dare una formazione spirituale e morale anche ispirata ai principi della Costituzione: il riferimento alla Costituzione non è più prioritario, ma un'eventualità;
- come per la scuola di primo grado vanno sviluppate le conoscenze relative all'uso delle nuove tecnologie e la padronanza di una lingua europea oltre all'italiano e all'inglese (in realtà nel classico è previsto solo inglese)
- si prevede l'alternanza scuola lavoro, la possibilità di cambiare percorso all'interno dei licei e tra licei e formazione regionale.
Qualsiasi segmento del secondo ciclo dà crediti certificati ai fini della ripresa degli studi e nei passaggi tra i diversi percorsi.
Vengono riconosciuti con specifiche certificazioni: stages, esperienze formative, periodi di inserimento nelle realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi (quindi anche l'apprendistato).
Dall'Art. 2 al 14 si parla del sistema dei licei, costituiti da due periodi biennali e un quinto anno, in cui si approfondiscono conoscenze e abilità richieste per l'accesso all'Università.
L'esame di Stato è valido per l'accesso all'università e per "tutti gli altri effetti" previsti dalla legge (rimane il valore legale del titolo di studio?)
I licei sono: classico, linguistico, musicale, scientifico, delle scienze umane con un unico indirizzo, artistico, economico, tecnologico con più indirizzi.
L'orario di lezione comprende anche la quota riservata alle Regioni, la quota riservata alle istituzioni scolastiche autonome e la religione cattolica.
L'orario è articolato in insegnamenti obbligatori, opzionali obbligatori e opzionali facoltativi. Gli insegnamenti opzionali obbligatori sono una novità rispetto alla scuola di primo grado: sono materie che vengono obbligatoriamente scelte dall'alunno al momento dell'iscrizione, che danno l'indirizzo del corso di studi ( ad esempio 10 ore settimanali di laboratorio negli ultimi tre anni del liceo tecnologico).
Le materie opzionali facoltative, invece seguono la stessa logica della scuola di base, cioè si può fare a meno di farle.
In prima e seconda l'orario è di 27 ore obbligatorie + 3 opzionali obbligatorie nel classico, economico, linguistico, scientifico, tecnologico, scienze umane;
27 obbl. + 6 opzionali obbl. nel liceo artistico e nel liceo musicale
Nel classico, linguistico, scientifico e scienze umane l'orario è
in terza e quarta 28 ore obbl. + 2 opzionali obbl. + 3 opz. fac.;
in quinta 25 ore obbl. + 3 opz. obbl. + 2 opz. fac.
Liceo artistico e musicale in terza quarta e quinta
30 ore obbl. + 3 opz. obbl. + 3 opz. fac.
Liceo economico: terza e quarta 27 ore obbl.+ 6 opz. obbl. + 3 opz. fac.
In quinta 25 ore obbl. + 5 opz. obbl. + 3 opz. fac.
Liceo tecnologico: tutto il triennio 23 obbl.+10 opz.obbl.+3 opz.fac.
Sarebbe ora interessante confrontare questo schema orario con la situazione attuale, non solo per definire quante ore di lezione si perdano praticamente in tutti i licei, ma anche come si distribuiscano all'interno di uno stesso curricolo. I tagli vanno da un minimo di 3 ore a 7/10 ore settimanali nei licei tecnologici e artistici. Sicuramente c'è una diminuzione delle ore di lingua straniera in tutti i licei (nel turistico scompare la terza lingua), un dimezzamento delle ore di educazione fisica, ma la religione viene ricompresa tra le materie obbligatorie istituzionali. Dovremmo capire meglio il contenuto delle 10 ore di laboratorio nel liceo tecnologico, anche perché gli insegnanti delle materie di indirizzo e gli insegnanti tecnico-pratici sono tra le categorie più a rischio con questa "riforma".
La peculiarità e la specificità che ogni liceo e ogni scuola devono avere scompaiono perché tutti sono considerati propedeutici all'università.
Viene sostituito orario effettivo con orario facoltativo opzionale che rende aleatorio, instabile, inaffidabile l'intero percorso didattico.
Le ore opzionali facoltative sono quelle che si aggiungono per creare la personalizzazione del piano di studio, come nella scuola di base.
Una personalizzazione finalizzata non tanto a garantire a ciascun studente, portatore di bisogni differenti, il raggiungimento degli stessi obiettivi, quanto piuttosto un mercato dove si entra e si compra ciò che si vuole. Si rompe in tal modo l'unità della classe non per favorire l'apprendimento, che è anche un processo collettivo, ma per rispondere a un'esigenza tutta mercantile.
Art.12: La dotazione di personale docente assegnato all'istituto pare riferirsi solo alle materie obbligatorie (compresa religione). Per il resto le scuole possono assumere esperti con contratti di diritto privato, e li pagano con le risorse dei loro bilanci.
Anche qui compare il tutor, come nella scuola di base.
Dall'Art. 15 al 22 si parla di Istruzione e formazione professionale.
Si conferma che la frequenza di qualsiasi percorso (scolastico, formativo e in apprendistato), profondamente diversi per durata, contenuti e soggetti gestori è valido per l'assolvimento del diritto dovere.
Per l'istruzione e formazione professionale le competenze vengono gradualmente trasferite alle Regioni dal 2006/7.
Prevede corsi di 3 anni per il conseguimento della qualifica e 4 anni per il diploma. Quindi un anno in meno di ora. Però all'art. 26 si parla ancora del biennio post-qualifica, quindi 3 + 2, come ora.
Art.15: "Le qualifiche professionali conseguite attraverso l'apprendistato (.) costituiscono l'espletamento del diritto-dovere." Si conferma ancora una volta che l'apprendistato costituisce un terzo canale, come nella legge 53, che riprende l'obbligo scolastico e formativo previsto dalla legge 144 del 1999 (legge del centrosinistra): obbligo fino a 18 anni, che può essere assolto in percorsi anche integrati di istruzione e formazione:
a) nel sistema dell'istruzione scolastica
b) nel sistema della formazione professionale regionale
c) nell'apprendistato.
Nel decreto sul diritto dovere di istruzione e formazione per 12 anni, applicativo della L.53, vengono riconosciuti a partire dai 15 anni di età i periodi svolti nell'apprendistato previsti dal decreto 276/03, applicativo della Legge 30 (legge Biagi) sul mercato del lavoro, nel quale si prevedono:
- incentivi a favore delle imprese;
- l'inquadramento dell'apprendista inferiore di "non più" di due livelli;
- gli apprendisti sono esclusi dal numero dei dipendenti. Quindi ad esempio per un'azienda che ha un numero di dipendenti fino a 15 e per questo motivo non deve applicare lo statuto dei lavoratori, è senza dubbio conveniente assumere apprendisti. Tra l'altro si può essere apprendisti per sei anni. l'apprendista può essere licenziato alla fine del periodo;
- la formazione può essere interna o esterna all'impresa. Nella legge del 1999 poteva essere solo esterna. Ora quindi ci sono ancor meno strumenti di controllo.
- non viene precisata la quantità delle ore di formazione (la decisione spetta alle Regioni). Nella legge del 1999 erano previste 240 ore di formazione all'anno (sotto i 18 anni), quantità decisamente ridicola se si pensa che un bambino della scuola elementare frequenta 1000 ore all'anno. Ora non ci sono neppure queste.
Il semplice fatto di lavorare come apprendista viene considerato espletamento del diritto-dovere e dà crediti spendibili nella scuola.
Ma quanti apprendisti vanno realmente a scuola?
Secondo l'Isfol nel 2002 su più di 400.000 contratti di apprendistato solo 31.000 apprendisti hanno frequentato corsi di formazione. E' chiaro l'inganno.
Art.17: "L'orario complessivo annuale obbligatorio è di 990 ore annue, di cui tre quarti a frequenza obbligatoria, destinando almeno il 25 per cento all'apprendimento in contesti di lavoro."
Facciamo un po' di conti: sono 30 ore sett. di cui minimo 8 ore di lavoro. Rimangono al massimo 22 ore di scuola (per 7,5 ore la frequenza non è obbligatoria) a fronte delle attuali 36/40 ore degli Istituti professionali di Stato, frequentati ora dal 25% degli studenti. La diminuzione del tempo scuola è mediamente di 15 ore alla settimana.
Le materie che si studieranno in queste 22 ore sono: italiano, due lingue straniere, informatica, matematica, scienze, tecnologia, storia, economia, educazione fisica, religione.
Art.19: Le Regioni assicurano gli standard minimi dei percorsi formativi, cioè le competenze essenziali di base e linguistiche (nuove tecnologie e una lingua comunitaria oltre all'italiano e all'inglese - Art.1), competenze matematiche, scientifiche, tecnologiche, storico-sociali ed economiche, come individuate dall'accordo Stato-Regioni, l'acquisizione delle competenze professionali, l'educazione fisica e naturalmente l'insegnamento della religione cattolica.
Per capirne qualcosa di più, è utile vedere cosa succede in Veneto: in base alla Conferenza Stato-Regioni e il successivo protocollo firmato tra la Regione e il Ministero, nell'anno 2002/2003 la Regione Veneto ha organizzato 20 percorsi formativi sperimentali di durata triennale.
Il monte ore del primo anno è di 1000, quindi 30 ore settimanali di cui:
16 ore a scuola, materie di studio: italiano, lingua straniera, storia, matematica, informatica, scienze integrate
(nel secondo anno diventano 14 ore, nel terzo anno 13);
14 ore: attività di orientamento e di preformazione.
(fonte: "La scuola veneta: una realtà in movimento" - realizzazione dell'Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto - aprile 2003)
(Qualcosa di simile avviene in Lombardia: gli studenti del primo anno fanno 18 ore di scuola, di cui una di religione.)
Ma gli Istituti Professionali di Stato passeranno sotto la gestione delle Regioni (edifici, laboratori, insegnanti e studenti)? E in che modo?
All'art. 25 si dice che i percorsi dei licei e della formazione professionale possono essere realizzati in un'unica sede. In questo caso chi avrà competenza su edifici e laboratori? Lo Stato o la Regione?
E gli insegnanti? L'art. 26 dice che le Regioni "devono assicurare i livelli occupazionali". Mi sembra che il significato sia duplice:
1) che gli insegnanti passano sotto la competenza della Regione. Con il contratto della formazione professionale, magari mantenendo ad persona il loro livello stipendiale? Oppure con una diminuzione?
2) che non ci saranno insegnanti in esubero, pur con una diminuzione del tempo scuola di più del 40%? Gli insegnanti dei professionali sono ora più di 60.000 tra ruolo e precari. Che fine faranno?
Il problema è aperto e le interpretazioni diverse.
La mia interpretazione è che il destino degli Istituti professionali sia segnato e che verranno degradati a Centri di formazione professionale regionale.
Formazione regionale perché finanziata dalla regione, ma gestita per il 93% da privati: aziende, sindacati, istituti religiosi.
Formazione professionale regionale che consegnerà al padronato manodopera giovane e a basso costo (poiché basso è ritenuto il livello delle qualifiche professionali regionali) e incrementerà il mercato della formazione, che viene data in mano ai privati mediante provvedimenti regionali, che escludono ogni forma di controllo pubblico.
Perché tutto questo?
In questo ultimo decennio la formazione professionale si è dimezzata: da 190.000 iscritti a meno di 100.000. Allo stesso tempo nell'anno 2002/3 il 99,3% dei ragazzi usciti dalle medie si è iscritto alle superiori.
Da qui quindi la volontà di depistare i ragazzi nella formazione professionale privata. Il motivo è un finanziamento del Fondo Sociale Europeo per il quinquennio 2001/2006 proprio per la formazione professionale di 50.000 miliardi di lire a livello nazionale (2.500 per il Veneto, 3.000 per la Lombardia e così via). E i privati sono pronti a ricorrere ad ogni mezzo, lecito e non, per accaparrarsi i fondi. E' di due mesi fa la notizia apparsa sulla stampa di 67 corsi inesistenti per i quali sono stati incassati contributi a fondo perduto per un totale superiore a 3 milioni 118 mila Euro. (Gazzettino e Nuova Venezia del 17/11/04, ma anche vari TG).
A questo punto non voglio trarre conclusioni. Dico soltanto che questo decreto, assieme a quelli sul diritto-dovere per 12 anni e sull'alternanza scuola-lavoro dimostra che le nostre previsioni più pessimistiche si stanno avverando, come e peggio che per la scuola di base: scelta precoce, diminuzione del tempo scuola, più materie in meno tempo, taglio massiccio dei posti di lavoro, privatizzazione e dequalificazione della scuola pubblica.
Da questa catastrofe ci può salvare solo la nostra capacità di informazione e di mobilitazione, a partire dalla giornata del 12 febbraio, che deve essere la nostra prima risposta a tutto questo.
28 gennaio 2005 Alessandra Bertotto -Venezia