Le scuole del Lazio e la riforma
Moratti
intervento di Renata Puleo
Con molta attenzione all’immagine, hostess in blu,
rinfresco e soprattutto la sala del Palazzo della Regione Lazio, si è
svolto ieri a Roma il seminario “Le scuole del Lazio e la Riforma Moratti”.
Ad organizzare l’ASAL, Associazione che raccoglie sotto la bandiera della
autonomia e del principio di sussidiarietà moltissime scuole del Lazio,
e l’Assessorato Scuola e Formazione Lavoro della Regione.
Dire che sono rimasta sconcertata è troppo poco per descrivere il profondo
disagio, ed a un certo punto, l’amara ilarità che mi ha suscitato
assistervi. Avevo già molte perplessità relative alla opportunità
di organizzare un seminario con la Regione, che significa con i politici, durante
la campagna elettorale. Mi si assicurava che sarebbe stato molto tecnico e che,
considerata la prudenza del suo artefice, il presidente dell’ASAL, il
Dirigente Scolastico Paolo Mazzoli, ne sarebbe venuto comunque fuori qualcosa
di equilibrato e di sicuro impianto critico. Nella relazione introduttiva Mazzoli
sosteneva l’inevitabilità della riforma a partire dalla modifica
del titolo V della Costituzione e dalla necessità di rendere davvero
autonome le scuole, anche in virtù della normativa sul decentramento
amministrativo. Con la consueta intelligenza e con la capacità tipica
di molti realisti nostrani, concludeva l’intervento consegnando il pacchetto
di emendamenti ai decreti nelle mani del Direttore Regionale Franco Schina,
come atto simbolico di richiamo alle future competenze in materia scolastica.
Inutile dire che non condivido né lo spirito alla base degli emendamenti,
né il merito. Ma questo lo sapevo fin da prima.Veramente incredibile
è stata la rappresentazione successiva. In assenza di qualsiasi voce
della opposizione o comunque dissonante, l’Assessore Simeoni interveniva
dicendo che non stava facendo campagna elettorale, ma si stava limitando a presentare
alcune iniziative- di nuovo tecniche- quali la modifica del calendario scolastico!!
Il folto pubblico presente rumoreggiava, non si sa quanto esilarato o irritato.
L’intervento successivo di Schina si sviluppava attorno alla esaltazione
della bontà del proprio lavoro, e di quello della Regione tutta, in materia
di formazione dei giovani. Sugamiele, esperto tecnico, analizzava la posizione
della Confindustria con argomentazioni critiche che mi hanno ricordato certi
attacchi nazional–popolari ( o nazional- socialisti!) a cui veniva abbinata
la solita questione dei dati OCSE che ci collocano agli ultimi posti in Europa,
nonché l’analisi ormai vecchia sull’uso che le aziende fanno
delle competenze linguistiche e delle risorse umane.
Ma la parte di autentico folklore morattiano la rappresentavano tre scuole mostrando
il proprio lavoro di “ricerca” in applicazione della Riforma. I
punti implicati erano: la certificazione delle competenze, il portfolio, la
valutazione. Cito solo qualcosa, tanto i materiali sono reperibili sul sito
dell’ASAL. La prima persona intervenuta raccontava come nell’ultimo
anno della loro scuola d’infanzia sono oggetto di attestazione le competenze
di “interazione con i gruppi eterogenei e l’autonomia nell’azione”,
più un’altra “capacità” di cui ricordo solo
che stava in perfetta tautologia con le precedenti. Si manifestava il rammarico
per non essere riusciti a trovare parametri per valutare e attestare le competenze
di un laboratorio di danza popolari, ma si stava lavorando, anche perché
“un certo passo era sicuramente più complesso di un altro”.
Una dirigente si sbracciava per dire come avevano messo al lavoro “la
magica parola ologramma che trasuda dal testo delle Indicazione Nazionali”(sic)
compitando uno schemino sulle abilità. Non posso pensare che tali prodotti
dal bassissimo livello culturale e didattico possano essere apprezzati dall’organizzatore
Mazzoli, come esempi di ciò che potremmo fare nelle scuole. Da anni nella
propria scuola, e in giro per l’Italia, porta idee non facili, decisamente
complesse e colte sulla costruzione di curriculi “lunghi”, sulla
valutazione come lavoro inconcluso di continua approssimazione, senza illusioni
di esattezza. Insomma, cosa sta succedendo, ci chiedevamo bisbigliando dai nostri
posti? Forse è solo questo quello che si può produrre per rispondere
alle sconclusionate richieste della Moratti: produrre lavori raffazzonati, dare
nuovi nomi a pratiche consuete, costruire contenitori vuoti, elaborare liste
di competenze “banali”, nel senso di assolutamente a-specifiche
rispetto all’intervento predisposto. Come definire altrimenti le abilità
e le capacità coordinative generali, in un laboratorio in cui si insegnano
i balli popolari? Ai bambini che non lo frequentano non si attesterà
la capacità di giocare a pallone e a rubabandiera?
Concludo dicendo che non sono riuscita ad assistere al dibattito e ai workshop
del pomeriggio, ma non credo che mi sarei rassicurata. La pochezza di questa
Riforma si misura anche sulla produzione di esempi di applicazione informi da
parte di infaticabili esecutori.