La scuola a Tempo Pieno
a un anno e mezzo dal cambio di governo

I genitori e le/gli insegnanti del Movimento nato ormai quattro anni fa, eredi dell’abrogazione morattiana del modello di scuola a Tempo Pieno (TP), si aspettavano molto dal cambiamento di governo. Oggi, ad un anno e mezzo di distanza dall’avvicendamento al potere e alla vigilia di un nuovo anno scolastico, si può e si deve fare il triste bilancio.

Riassunto
La riforma della Moratti aveva abrogato il modello didattico a TP. Le compresenze, parte integrante di questo modello di scuola e presupposto indispensabile per attività di recupero e integrazione, non erano più garantite ma continuavano ad esserci solo dove gli organici avevano mantenuto la consistenza originaria; in molte situazioni quindi erano state ridotte o eliminate, mettendo in crisi non solo la funzionalità del modello ma limitando fortemente anche la possibilità dei docenti di costruire insieme e condividere la didattica.
Quattro anni di lotte avevano però fatto sì che un arco ampio di cittadini (insegnanti e genitori) divenissero consapevoli di ciò che era in gioco, tanto che sul campo era stata strappata una serie di garanzie che – pur con molti problemi – hanno permesso al modello a TP di sopravvivere di fatto. Ricordiamo infatti che la prima formula tentata dal centrodestra era la riduzione d’orario di tutta la scuola elementare a 30 ore, mentre il movimento aveva strappato la legittimità dell’allungamento a 40 ore. Inoltre da quell’esperienza di lotta arrivavano in eredità al nuovo governo una raccolta di 130mila firme per la concessione del TP dovunque richiesto (CoordTempoPieno), una di 80 mila della legge di iniziativa popolare sulla scuola con una parte dedicata al TP (Retescuole), la nascita di un Coordinamento nazionale sul Tempo Pieno.

Cos’è successo in quest’anno e mezzo.
Diciamo subito che si sono realizzati i peggiori timori e ha ricevuto conferma la banale regola che, quando le richieste non sono supportate da conflitto, le possibilità di una loro realizzazione si dileguano velocemente. Questa è la seconda volta che un nuovo inizio d’anno scolastico avviene senza alcun mutamento normativo sul Tempo Pieno. Non solo: il deterioramento dell’efficacia del modello ad opera dell’erosione delle compresenze procede più velocemente che ai tempi della Moratti in virtù della diminuzione dell’organico e ogni estate nuove scuole si trovano a dover bruciare compresenze per mantenere il totale di ore di classe o per far fronte alle diverse e sempre più quotidiane emergenze non coperte da risorse ordinarie. È il caso del taglio irresponsabile dei fondi di funzionamento delle scuole e delle supplenze brevi che ha creato da marzo scorso in molti istituti l’utilizzo illegittimo ma sistematico delle compresenze per coprire la mancanza di insegnanti.

Sul versante normativo da marzo scorso, sulla spinta delle mobilitazioni di gruppi di genitori e insegnanti di Bologna e altre città, Prodi ha rilasciato dichiarazioni sull’imminenza di una norma che avrebbe legittimato il Tempo Pieno e soddisfatto le richieste. Ovviamente la stampa le ha riportate con grande clamore. Ma già nella prima bozza del decreto presentata in commissione cultura erano evidenti le ambiguità e i limiti delle intenzioni governative. Il dettato della proposta di legge prevedeva l’istituzione del modello a TP ‘secondo la forma previgente la riforma Moratti’
Ecco l’ultima versione che risale alla fine di luglio:
“Al fine di realizzare gli obiettivi formativi del curriculo arricchito è reintrodotta, nella scuola primaria, l'organizzazione di classi funzionanti a tempo pieno, secondo il modello didattico già previsto dalle norme previgenti al decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, con un orario settimanale di quaranta ore, comprensivo del tempo dedicato alla mensa”.

Il che alla lettera significa ristabilire l’esistenza del modello ma tutt’al più limitarlo alle sezioni già esistenti secondo la (scarsissima) volontà amministrativa affermatasi negli anni Ottanta e Novanta. Inoltre non si menziona la contitolarità di due insegnanti e nemmeno le 4 ore di compresenza. E non si può certo pensare ad errori dovuti alla mancanza di informazione, visto che i testi sui cui erano state raccolte le 130.000 e le 80.000 firme erano là a disposizione, privi di ambiguità.
Infine, per effetto dei pareri della Commissione Tesoro e Bilancio è stata aggiunta al testo questa frase per bloccare preventivamente ogni possibilità di espansione nel numero delle classi e, forse, per preparare future riduzioni: “La predetta organizzazione [cioè il Tempo Pieno] è realizzata nei limiti della dotazione complessiva dell'organico di diritto determinata con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi della normativa vigente. Il numero dei posti complessivamente attivati a livello nazionale per le attività di tempo pieno e tempo prolungato devono essere individuati nell'ambito dell'organico di cui al precedente periodo”. Quest’ultimo testo potrebbe quindi andare in discussione a settembre alle camere. Cioè alla fine di tutto questo percorso ciò che forse potrebbe arrivare in porto sarà solamente una dichiarazione di esistenza del modello. Davvero è molto poco.

Così a iter concluso (sempre se si concluda in questi termini), nelle vetrine mediatiche il Premier dirà di aver ripristinato il Tempo Pieno, mentre le finanziarie continueranno ad erodere personale docente in nome delle compatibilità di bilancio e quindi i genitori che vorranno nuove sezioni come oggi non avranno nulla di nuovo cui appellarsi (eccetto il fatto che una legge afferma che il TP può esistere ma che dipende dall’organico che però un’altra legge – finanziaria - ha detto che non c’è). Inoltre nelle scuole i TP esistenti continueranno a fare i conti con gli organici in diminuzione e quindi gli insegnanti che vorranno difendere la completezza e l’organicità del modello didattico non avranno alcun aiuto nel fronteggiare il problema: nessuna nuova via d’uscita se non la possibilità – santa autonomia! – di tagliarsi come desiderano - in grande libertà - ore e attività: potranno rinunciare alle compresenze, oppure utilizzare illegittimamente ore del sostegno o dell’attività alternativa alla religione cattolica! O ancora chiedere ai genitori di togliere un pomeriggio di scuola e affidarlo a cooperative private! Tutte opzioni già operanti che questa nuova norma sottintende e sostiene come l’ideale per rendere “flessibile” il modello.

In parallelo, occorre aggiungere che altre norme erano state promesse come intervento atto a correggere la situazione di riduzione di oltre il 60% dei fondi di funzionamento delle scuole e per le supplenze. A giugno gli organi di stampa riprendevano le notizie che sarebbe stata annullata l’Iva che le scuole pubbliche devono pagare quando fanno acquisti inerenti alla didattica (che senso ha che parti dello Stato paghino tasse allo Stato?). Stesso discorso con la tassa sui rifiuti richiesta dai comuni e pesantissima per le scuole.
Nulla di tutto ciò: a settembre la scuola riapre senza soldi per le supplenze, senza soldi per il funzionamento e senza nessuna garanzia per il Tempo Pieno… e in pentola non bolle nessuna buona novità!

Le ultime novità
No! In realtà due novità dell’ultima ora le abbiamo. La prima registra nuovi tagli di cattedre - soprattutto di sostegno - intervenuti durante l’estate ad annullare gran parte delle promesse fatte dal ministero agli Uffici scolastici regionali in giugno. Sono circa 1800 i posti che non verranno dati a supplenza in settembre. L’altra è l’estensione dei finanziamenti statali alle medie e alle superiori private e l’annuncio del ministro Fioroni al Meeting di Rimini che sarà suo prioritario impegno far crescere tali tipologie di erogazioni. Questa è quindi la strada che ha scelto il ministero e che governo e parlamento non riescono o non vogliono scalfire.

Non si preparano tempi facili. Forse lo temevamo ma non pensavamo certo ad un quadro così grave… Si rischia molto lo scoramento. Anche perché la scuola pubblica è scomparsa dall’agenda politica, giornalistica e televisiva come forse non accadeva da una decina di anni a questa parte.
Eppure.. forse anche da questa situazione qualcosa si può imparare: se si vuole ottenere un miglioramento della scuola pubblica o almeno una difesa delle sue prerogative di qualità occorre produrre conflitto per essa, a prescindere da quale soggetto di potere abbiamo di fronte, mettendo insieme le forze di genitori e insegnanti. Questo è l’intento del CoordTempoPieno anche per l’anno scolastico che va ad iniziare.

Settembre 2007 - Coord. Nazionale in Difesa del Tempo Pieno e Prolungato


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