L’EUTANASIA DELLA SCUOLA PUBBLICA E LE CLASSI GHETTO

Molto si è detto e si è scritto sulla “riforma” della signora Gelmini; questa signora continua ossessivamente a ripetere “…..Non capisco ……” “…..Non comprendo……” davanti alle mobilitazioni ed alle proteste ininterrotte da parte d’ampi settori della cittadinanza (lavoratori della scuola, genitori, studenti, associazioni, studiosi eminenti di vari settori, interi Atenei).
Sinora non mi sono esposta pubblicamente; mi sono limitata a partecipare a tutte le scadenze pubbliche informative o di protesta alle quali potevo aderire.
Dopo aver sentito ieri sera, sabato18 ottobre, la signora Gelmini dichiarare in televisione, con convinzione, all’interno di un’iniziativa pubblica, che la proposta di costituire classi ghetto (perché tali sono, non nascondiamoci falsamente dietro alle parole!) per alunni stranieri e rom è dettata non da posizioni razziste bensì da scelte “didattiche” sono stata colta da incontenibili spasmi muscolari.
La signora Gelmini è mai entrata in una “scuola multietnica”? ha forse preso attenta visione dei documenti in materia di accoglienza ed intercultura redatti dai due ministri precedentemente a capo del dicastero da lei ora presieduto ( datati febbraio 2006 ed ottobre 2007); si è forse confrontata, oltre che con Tremonti, reale artefice del taglia ed incolla di cotanto disastro, e con il machismo tribale dei leghisti anche coi Comitati Scientifici, costituiti in Osservatorio, che hanno collaborato alla stesura dei citati documenti?
E, soprattutto, ha conoscenza dell’esistenza della Convenzione Internazionale dei diritti dell’infanzia approvata in sede ONU nel 1989 (bel modo di festeggiare il suo imminente 20° anno!) ratificata dal nostro Paese nel 1991 e, pertanto legge di questo Stato?
Inviterei, soprattutto, alla meditata lettura degli art. 2-8-10-28-29; detta Convenzione dovrebbe essere esplicitata come base d’ogni intervento relazionale e educativo nel mondo della scuola del III millennio.
Che cosa mi significa poi ” educazione alla legalità ed alla cittadinanza “ quando, ben dalla fine degli ottanta esistono circolari e normative, generalmente recepite ed applicate, che invitano le scuole ad attuare percorsi specifici su queste tematiche? Sapeva la signora Gelmini che primo dell’arrivo al suo ministero della signora Moratti nella scuola primaria era prevista una disciplina specifica, gli studi sociali, affidati ad un’insegnante specializzata nell’area antropologica, che affrontava proprio questi argomenti, Costituzione compresa, area spalmata successivamente dalla citata signora in una generica e trasversale Educazione alla Convivenza Civile?
E, dunque, la signora Gelmini continuerà a non capire le prese di posizione contro l’apartheid in classe da parte d’insigni giuristi, d’esimi cattedratici, di ricercatori e studiosi di fama internazionale, di suoi colleghi politici di varia estrazione, di capi d’istituto, d’associazioni di volontariato e di rappresentanze di migranti, d’esponenti, anche d’alto livello, della Chiesa Cattolica?
Alla base della piramide, come quelle delle civiltà antiche o del medioevo, eccoci; siamo noi, “ le cattive maestre”, magari pure assenteiste, improvvisate e fannullone, che sferruzzano in cattedra (dichiarazione del governatore del Veneto Galan!).
Ci siamo formate in glottodidattica (tecniche per l’insegnamento delle lingue); abbiamo letto decine di pubblicazioni attinenti l’argomento.

Abbiamo organizzato in molte scuole laboratori linguistici per l’italiano come II lingua con interventi di facilitazione linguistica e di mediazione culturale, con il supporto degli Enti Locali o
dell’associazionismo presente sul territorio; i bambini neo inseriti alloglotti (per la signora Gelmini specifico che significa non parlanti italiano) escono già dall’aula, in piccoli gruppi, per periodi diversi, secondo l’area linguistica di provenienza, e vengono alfabetizzati o supportati.
Certo le risorse languono, gli interventi dovrebbero venir potenziati, ma la mannaia dei nuovi ulteriori tagli ci toglie l’illusione di ricevere le risorse, umane e finanziarie, necessarie per continuare ad offrire una scuola di qualità e di effettiva inclusione. Come è stato finora!
Tutto questo avviene un po’ in tutta Italia, dove nel corso degli anni sono anche sorti numerosi Centri d’eccellenza che forniscono consulenze, formazione e materiali su queste tematiche; i politici tendenti al verdastro e con loro la ministra della pubblica distruzione hanno scoperto l’acqua calda e, una volta ancora, vogliono gettare il bambino con l’acqua sporca.
Vogliono separarli, vogliono educarli alla conoscenza degli usi e dei costumi “territoriali e regionali” (e, dunque, polenta e soppressa per i migranti nel Veneto, culatello per quelli in E.Romagna, fiorentina per quelli residenti in Toscana, cicoria e fave per i nuovi cittadini pugliesi, pecorino per quelli sardi e così via, a prescindere dalle limitazioni alimentari dettate dai loro diversi credi religiosi o dalle abitudini pregresse? O cos’ altro?). Questi bambini sanno già dove vivono, conoscono le nostre festività ed il nostro modo di relazionarci. Conoscono le nostre città ed il loro patrimonio artistico; molti sono di II generazione e comprendono e parlano anche i vari dialetti.
Lo sanno questi signori quanti progetti concreti sono stati attivati con successo nelle scuole italiane affinché i bambini ed i ragazzi, di qui e d’altrove, diventassero compagni di viaggio?
Ma ahimè, sull’onda dell’allarme securitario e della paura ingiustificata che, spesso, si trasforma in atti di grave xenofobia, siamo arrivati ad individuare le ultime vittime sacrificali: i bambini, rifiutando di porsi, invece, in una condizione d’ascolto in cui ognuno dovrebbe, perché i tempi e il senso civico lo richiedono, ridefinire il proprio ruolo e la propria identità sociale e culturale. Senza necessariamente abiurarla.
Riconoscendo che la varietà di provenienza si sta rivelando, a detta anche di molti studiosi, un’autentica ricchezza e che “la metafora del viaggio è la forza di un vero progetto educativo interculturale “.
Sono buone e corrette pratiche educative che s’ispirano, come consigliato anche in sede europea, ai BES., ai bisogni educativi speciali.
Che Gelmini e soci sicuramente ignorano.
Un’ultima domanda provocatoria: a quando il ritorno alle classi differenziali per gli alunni con diverse abilità?
Attenzione, lo sanno tutti, la paura potrebbe anche divorare l’anima! E divorare l’anima di un bambino non è una bella cosa; nelle vecchie favole lo facevano solo gli orchi!


Giulietta Poli- insegnante Scuola Primaria
Facilitatrice linguistica e Referente progetto Accoglienza-
VII Istituto - Padova