Le politiche Berlusconi-Tremonti-Brunetta-Gelmini su Università e Ricerca PRESENTANO IL CONTO AL PAESE e determinano una prospettiva di futuro per l'Italia fuori dagli accordi di Lisbona, ossia fuori dalla strategia europea che ha individuato NELLA CONOSCENZA IL FULCRO CENTRALE DEL NUOVO SVILUPPO ECONOMICO E SOCIALE.

Riportiamo di seguito la lista dei drammatici interventi del Governo (era difficile prevedere in così pochi mesi la messa in atto di un progetto così disastroso, privo di qualunque indirizzo proveniente da una seria valutazione del sistema Università e Ricerca e senza nessuna trasparenza e confronto):

1) Il finanziamento dell'abolizione dell’ICI sulla prima casa per le famiglie con redditi alti (per quelle con bassi redditi era già stata abolita dalla finanziaria 2008 del Governo Prodi), si basa tra gli altri sul decreto legge n. 93/2008 che ridurrà ogni anno (fino al 2013) di 467 MILIONI DI EURO il fondo statale di finanziamento ordinario delle università (taglio del 6% totale del fondo che però grava essenzialmente sulla parte comprimibile (13%): manutenzioni, utenze, etc);

2) la legge n. 133/08 comporta una riduzione del turn-over al 20% per le università (su 5 che vanno in pensione 1 solo verrà assunto) nel periodo 2009-2013 con la seguente riduzione di finanziamento (-64 milioni-euro nel 2009, -190 milioni-euro nel 2010, -316 milioni-euro nel 2011, -417 milioni-euro nel 2012, -455 milioni-euro nel 2013). Per gli EPR si avrà una
riduzione del 20% nel 2009 mentre dal 2010 al 2013 ogni unità di personale che esce potrà essere sostituita da una sola unità personale in entrata e non in base al valore economico "liberato" (un dirigente di ricerca libera un valore economico che corrisponde a più unità di personale al primo impiego).Sommando i soli tagli all’università provenienti da ICI e turn-over si ha che nel quinquennio 2009-2013 ci sarà una riduzione di quasi 4 miliardi di euro (circa 8.000 miliardi delle vecchie lire!!).

3) Nella legge n. 133/08 viene inserita una norma che concede la possibilità alle università italiane di trasformarsi in fondazioni private. Sono del tutto evidenti i rischi per l’autonomia degli atenei e dei docenti oltre che per quei settori e ambiti di ricerca che non sono appetibili sul piano economico.

Di fatto il combinato disposto – taglio indiscriminato delle risorse e
possibilità di trasformazione in fondazione privata – rischia di modificare il sistema universitario nazionale in un sistema di formazione estremamente debole e con accessi differenziati in base al censo. Inoltre, senza alcun riferimento alla valutazione si selezioneranno le sedi universitarie non sulla base del loro valore didattico e scientifico ma in ragione della diversità del contesto socio economico in cui operano

Citiamo una parte dell’articolo che lo storico Franco Cardini ha scritto per il Secolo d’Italia il 16 luglio 2008: “Il passaggio dall’Università alla Fondazione è in un certo senso epocale: sarà il passaggio da una concezione culturale e comunitaria a una patrimoniale e privatistica del sapere; da una mediocre e magari, perché no?, scalcinata Università di tutti, a una (forse) buona e (certo) più costosa università per i ricchi. Privatizzandosi, alcune università potranno salvarsi: ma in questo modo andrà una volta per tutte a farsi benedire il diritto allo studio: o meglio lo studio come diritto.”

4) la legge 133/2008 prevede, anche per gli enti di ricerca come per le altre amministrazioni dello Stato, una riduzione della pianta organica pari almeno al 10%: questo implica per quegli enti che hanno la pianta organica al completo un gravissimo problema di blocco, aggiuntivo a quello del turn-over.

5) infine, ma di gravità addirittura più rilevante in quanto AGGREDISCE LA PARTE PIU' DEBOLE E AL TEMPO STESSO PIU' PREGIATA PER L'INVESTIMENTO SUL FUTURO, c’è da considerare il combinato disposto tra l'articolo 49 della legge 133/2008 (che non permette l'utilizzo del medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori al triennio nell'arco del quinquennio ultimo) e il 37-bis inserito nel ddl 1441 in iter d’approvazione parlamentare (che blocca la procedura delle stabilizzazioni). Il risultato è un blocco di massimo 3 anni per le forme contrattuali a tempo determinato (in enti dove la frequenza dei concorsi è scarsissima) e il licenziamento in tronco (dopo 3 mesi dall'entrata in vigore del ddl 1441) di chi aveva già ricevuto garanzie (dallo Stato!) di un percorso per andare a stabilizzare la propria attività professionale.

INSOMMA IL QUADRO CHE EMERGE è CHIARISSIMO:

- TAGLI ECONOMICI INSOPPORTABILI per un settore già in grave sofferenza e del tutto sottovalutato rispetto a quanto sta succedendo nel resto del mondo negli ultimi 15 anni. Tagli oltretutto del tutto indiscriminati, alla faccia di tutte le discussioni su merito e promozione delle eccellenze.

- ABBANDONO DELLE RISORSE PIU’ PREGIATE di cui un paese oggi può godere: i giovani di talento nella ricerca scientifica. Non è un caso che in tutto il mondo i nostri giovani trovino rapidamente collocazione e si inseriscano a livelli qualificati.

- infine l'immagine che lo Stato fornisce di se stesso è drammaticamente incoerente. Uno Stato (non conta la parte politica che guida in quel momento il Governo) non può garantire un percorso di acquisizione certa di diritti e immediatamente dopo tradire quella garanzia: sono in gioco tanto la reputazione delle Istituzioni quanto le stesse basi di solidità civile dei cittadini.

L'Osservatorio sulla Ricerca su proposta di un gruppo di "stabilizzandi" si è reso disponibile a raccogliere, divulgare e promuovere un appello al Capo dello Stato perché si adoperi per sostenere una battaglia che ci pare di straordinaria importanza.
La raccolta di firme riguarda ovviamente TUTTI quanti sono sensibili al problema di un Paese che intende evolvere e non fermarsi e regredire.

Per sottoscrivere: www.osservatorio-ricerca.it

Cordialmente,
Osservatorio sulla Ricerca