Vogliamo un altro mondo, dal '68 al movimento no global

Piero Bernocchi,
coordinatore nazionale dei Cobas, presenterà a Bologna il suo ultimo libro
"Vogliamo un altro mondo, dal '68 al movimento no global".

L'incontro si terrà
mercoledì 1 ottobre, alle ore 21,
a VAG 61, in via Paolo Fabbri 110,

insieme all'autore ci saranno
Franco Berardi Bifo,
Giorgio Cremaschi (segretario naz. FIOM - Rete 28 Aprile),
Alvin Palmi (Vag 61)

La metabolizzazione del '68 non è avvenuta: e in una fase di forte
instabilità del capitalismo, i padroni del mondo vorrebbero eliminare
pensieri alternativi e movimenti sociali conflittuali. L'attualità del
'68 è potenziata dall'esplosione nel mondo del movimento contro la
globalizzazione liberista.
Facendo fuoco sul Sessantotto si da un ultimatum ai movimenti sociali che
hanno
fatto irruzione sulla scena mondiale dal 2000, mettendo in discussione
la società esistente e progettando un altro mondo indispensabile. Il
filo rosso che dal '68 ci porta ai movimenti di oggi è il tema di
questo libro, che analizza le loro evoluzioni e la loro influenza
sulla politica e sulla società.
Dai movimenti antiliberisti, ai conflitti con il Capitale, il
patriarcato e i devastatori dell'ambiente, fino al rapporto tra
movimenti e Potere e alla forma-Movimento come innovazione politica e
sociale verso un "socialismo del XXI secolo", democratico ed
egualitario, radicalmente diverso dal "socialismo reale" del
Novecento.

L'incontro sarà anche l'occasione per un confronto sulla situazione
odierna che si è creata nel nostro paese a seguito dei provvedimenti
del governo delle destre. E' indubbio che le accelerazioni che
Berlusconi, Tremonti, Brunetta e Gelmini hanno impresso su materie
come immigrazione, condizioni di lavoro, redditi per il lavoro
dipendente, repressione dei conflitti sociali e scuola pubblica,
insieme all'occupazione del sistema mediatico-televisivo, fanno
pensare a molti di essere davanti a vere e proprie "prove tecniche di
colpo di stato" o di "nuovo fascismo".
Di questo si tratta?

Si intravede un'opposizione sociale (dato che quella politica è affogata
nella
cris-agonia della sinistra)?
La realtà sociale che siamo destinati a vivere ha tinte più cupe di
quelle degli anni '90. I governi che si sono succeduti negli anni
duemila hanno portato a termine un processo di distruzione delle
strutture pubbliche e di sottomissione brutale del lavoro.
Del sistema pubblico di formazione sono rimasti i ruderi, le rovine
fumanti. La ricerca universitaria è ridotta alla miseria. Nelle scuole
medie un esercito di precari, carichi di
lavoro crescenti con salari di fame. Le strutture pubbliche costruite
dal lavoro e l'intelligenza di milioni di lavoratori sono distrutte in
modo sistematico
E per sovrapprezzo ai lavoratori viene appioppato l'insulto razzista
di fannulloni.

Ma la lotta della scuola di questi giorni, le battaglie di questi mesi
sui territori contro i massacri ambientali rappresentano prime "Zone
di resistenza umana", sottratte alla demenza distruttiva del capitale.
E' da lì che possiamo ripartire?


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