CROCIFISSI IN CLASSE. SOLIDARIETÀ AL PROF. FRANCO COPPOLI

Esprimiamo la nostra incondizionata solidarietà al Prof. Franco Coppoli, iscritto e militante dei Cobas Scuola di Terni, oggetto di attacchi giudiziari e massmediatici, che si qualificano da soli.

Tutto ciò avviene perché il prof. Franco Coppoli, che insegna Italiano e Storia in quattro classi dell’Istituto Professionale per il Commercio “Alessandro Casagrande” di Terni, quando arriva nell’aula della III A, l’unica delle quattro dotata di un crocifisso, lo toglie, per poi riappenderlo alla fine della lezione.

Egli agisce in questo modo, sia perché convinto della necessaria laicità e neutralità degli ambienti formativi e del loro carattere inclusivo, che deve escludere qualsiasi forma di discriminazione, sia perché ritiene che il suo operato rappresenti l’esercizio concreto di quella libertà d’insegnamento garantita dalla costituzione.

Sappiamo che molti si faranno scudo della sentenza della Cassazione del 13 Ottobre 1998, secondo la quale l’esposizione del crocifisso non viola la libertà religiosa, perché “… rappresenta un simbolo della cultura cristiana come essenza universale, indipendente da una specifica confessione”.

Ben diversamente da questa grandiosa acrobazia concettuale e lessicale, si è pronunciato il TAR del Veneto: “… il crocifisso è essenzialmente un simbolo religioso cristiano, di univoco significato confessionale, che l’imposizione della sua affissione nelle aule scolastiche non sarebbe compatibile con il principio supremo di laicità, desunto dagli articoli 2, 3, 7, 8, 19, 20 della Costituzione…”.

Ci piace concludere con la motivazione della sentenza con cui, in Spagna, il 23-11-08, un giudice della regione Castilla-Leòn ha decretato di rimuovere il Crocifisso ed altri simboli cattolici dalle aule di una scuola di Valladolid, quindi dalla scuola pubblica:

“Nell’ambito educativo la libertà religiosa è un tema molto sensibile, perché nella fase di formazione della personalità dei giovani l’insegnamento influisce in modo decisivo nel futuro comportamento rispetto alle loro credenze…

La formazione religiosa condiziona la condotta dei ragazzi in una società che aspira alla tolleranza di altre opinioni e ideali che non coincidano con le proprie.

La aconfessionalità implica la neutralità dello Stato di fronte alle diverse confessioni, perché nessuno può sentire che lo Stato, per ragioni di credo, gli è più o meno vicino”.

Una domanda s’impone: Ma l’Italia deve sempre essere l’ultima della classe?