Proposta di parere sul Regolamento sulla Valutazione che il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione ha respinto.

In premessa il CNPI rileva che il presente parere sullo schema di Regolamento in oggetto viene espresso senza che il Consiglio Nazionale abbia potuto pronunciarsi sui provvedimenti disposti con decretazione d’urgenza e decorrenti fino dal presente anno scolastico 2008/09.

Tale condizione, unitamente ai tempi estremamente ristretti nei quali il CNPI ha dovuto operare per la definizione del presente parere, ha comportato rilevanti difficoltà di approfondimento e confronto.

La determinazione del CNPI di integrare l’ordine del giorno della seduta plenaria già convocata per il 17 e il 18 dicembre 2008 è motivata non solo dalla volontà di un puntuale esercizio dei compiti istituzionali, ma anche dalla consapevolezza della necessità di osservazioni e orientamenti su una tematica di oggettiva rilevanza culturale, educativa e professionale che suscita interesse, attenzione e per molti versi anche preoccupazione nei docenti, nelle famiglie e negli studenti.

La stessa circolare 100/08 dell’11 dicembre scorso che non si limita ad annunciare l’emanazione del Regolamento ma ne anticipa per alcuni aspetti le soluzioni, costituisce una ulteriore forzatura mentre è in corso il lavoro di espressione del parere del CNPI:

Sul piano della coerenza normativa, il CNPI rileva che il “coordinamento delle norme vigenti”, indicato dalla Legge 169/08 come finalità del Regolamento in esame avrebbe richiesto una puntuale ricognizione delle norme ancora in vigore ed una attenta opera di raccordo con esse delle “nuove” modalità di valutazione introdotte.

Al riguardo è appena il caso di sottolineare che nella citata legge di autorizzazione non è indicata alcuna norma che risulterà abrogata con l’entrata in vigore del regolamento stesso, come prescrive l’articolo 17, comma 2 della legge 400/88.

Nel testo proposto, invece, non si tiene conto, riguardo alla valutazione del comportamento degli alunni, di quanto disposto in materia dal DPR 249/98 concernente lo “Statuto dei diritti e dei doveri delle studentesse e degli studenti”.

Ugualmente non si tiene conto, in materia di valutazione del rendimento scolastico, del DPR 275/99, con particolare riguardo al riparto delle competenze in capo alle scuole e al Ministro ivi previsto agli articoli 4, 6 e 10, nonché delle norme relative alla scheda di valutazione nel primo ciclo di cui alla Legge 517/77.

In particolare, la disposizione prescrittiva contenuta nell'articolo 1, comma 8 di estendere l'uso del voto in decimi alla pratica quotidiana, risulta in palese ed illegittimo contrasto con quest’ultima legge.

Grave, inoltre, è l’assenza di qualsivoglia riferimento alla Legge 296/96, che ha portato a 10 gli anni di istruzione obbligatoria, corrispondenti in via ordinaria al primo biennio di scuola secondaria superiore, e a tutti gli atti normativi conseguenti, compresi i documenti recanti indicazioni curricolari per la scuola dell’infanzia, il primo ciclo di istruzione, il biennio della scuola superiore, attualmente al secondo anno di sperimentazione.

Lo stesso riferimento nello Schema di Regolamento a imprecisati “Piani nazionali di studio” ingenera fraintendimenti e confusione nelle scuole, atteso che questa dizione non compare nei documenti ad oggi in possesso delle medesime.

Il CNPI ritiene pertanto che lo schema di Regolamento sottoposto al parere non risponda, se non in misura estremamente limitata e contraddittoria, proprio agli scopi indicati dalla Legge 169/08.


Con riferimento alla valutazione degli alunni nelle norme e nell’esperienza della scuola, il CNPI fa notare che la valutazione del “rendimento scolastico e del comportamento”, più recentemente la “certificazione delle competenze”, è tema di grande rilevanza per la scuola, per le famiglie, per gli stessi alunni. Un tema, spesso un problema, che ha accompagnato intere generazioni di insegnanti, di famiglie, di studenti impegnati a negoziare linguaggi e procedure a mano a mano che, per effetto di nuove norme, si introducevano nuovi strumenti, documenti e modalità di valutazione.

Conviene ricordare in proposito lo storico passaggio dalla “pagella” alla scheda di valutazione (Legge 517/77) che ha rappresentato e ancora rappresenta nell’esperienza della scuola una scelta importante sul piano culturale e professionale, in quanto momento di sintesi di nuove modalità di organizzazione della didattica e di verifica dei processi di apprendimento.


Un percorso di ricerca che ha portato spesso a svolte nella scelta degli strumenti e dei documenti di valutazione nel tentativo di integrare due diversi approcci culturali, quello tecnologico e quello docimologico e formativo. Aspetti che hanno rappresentato e ancora rappresentano il tentativo di tenere insieme indicatori di competenza, processi formativi, elementi di contesto. Un percorso di ricerca didattico ed educativa complesso che non può essere interrotto in una fase in cui è ancora indefinito il cosa insegnare, il come valutare, il cosa e il come comunicare ai genitori e all’esterno.

Con riferimento al delicato rapporto autonomia delle scuole/cultura della valutazione, sono stati la legge 59/97 e il DPR 275/99 a porre di nuovo al centro del dibattito e della ricerca nelle scuole e nel paese la questione della valutazione degli alunni, indicando agli articoli 4 e 10 le competenze delle scuole e del Ministro in materia, sollecitando le prime a dare un contributo in termini di ricerca e sperimentazione (art. 6).

“Stabilire modalità e criteri di valutazione degli alunni, nel rispetto delle norme nazionali, e i criteri per la valutazione periodica dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi” rappresenta ancora oggi a parere del CNPI, l’orizzonte in cui inscrivere le scelte di coordinamento delle norme in materia di valutazione degli alunni.

In questo senso, anche con riferimento all’articolo 10 del DPR 275/99 (competenze del Ministro), non sembra rientrare nel novero degli “indirizzi generali” il ripristino per legge della votazione numerica nella valutazione periodica e annuale, sia con riferimento al rendimento scolastico che al voto di comportamento. La stessa certificazione delle competenze richiederebbe chiarezza nella definizione del “profilo di competenza” atteso su tutto il territorio nazionale.


Il CNPI sottolinea, inoltre, che l’impostazione suggerita, che assume l’estensione della valutazione numerica nella pratica quotidiana, appare lontana dalla stessa legge 53/03, tuttora vigente, che richiama l’attenzione sulla valutazione interna, sulla valutazione esterna e sulla certificazione finale, rimarcando per la prima la responsabilità degli insegnanti e una dimensione “aperta”, per la seconda una scelta a vantaggio del “miglioramento e dell’armonizzazione della qualità del sistema nazionale di istruzione e formazione”, per la terza una valutazione “di profilo”di pertinenza dello Stato, da collocare dopo gli esami di Stato (primo e secondo ciclo). Scelte riconfermate, con qualche ambiguità, dagli stessi decreti 59/04 e 226/05, continuamente richiamati nello schema di Regolamento in esame, ma anche negli atti normativi emanati nel 2007, su cui lo schema di Regolamento tace.

A tal proposito si richiama l’idea di valutazione evocata nelle Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione e nei Documenti allegati al Regolamento per la prima attuazione dell’elevamento dell’obbligo di istruzione, scelta vicina all’operare della scuola e alle stesse Raccomandazioni europee.

La stessa recente riscrittura di parti dello Statuto dei diritti e dei doveri delle studentesse e degli studenti, lo sforzo delle scuole nella riformulazione di nuovi Regolamenti di istituto e di Patti di corresponsabilità educativa fra la scuola, le famiglie e gli studenti stanno producendo situazioni inedite di confronto ed esperienze significative proprio in merito alla valutazione del comportamento, che potrebbero venire vanificate se si tornasse tout court al voto di “condotta”. A riguardo, il CNPI fa rilevare che una valutazione di fatto “sanzionatoria” fa cadere tutta la dimensione della valutazione formativa.

Il CNPI ritiene, altresì, che sia insensato separare progettualità e valutazione, soprattutto nella fascia d’età fra i 6 e i 16 anni, quando è particolarmente importante rendere responsabile del processo educativo, anche in rapporto agli esiti, ogni bambina e bambino, ogni adolescente, le loro famiglie. A maggior ragione se l’orizzonte cui si tende sono le competenze di cittadinanza.

Se siano misurabili, e fino a che punto, appartiene di diritto al dibattito e alla ricerca della scuola, tanto più in una fase in cui si stanno “armonizzando ed essenzializzando i curricoli” e si prospettano modifiche di ordinamento.

Infine, riguardo all’idea di valutazione presente nella legge 169 e ripresa nello schema di Regolamento e nella CM 100/08, nonostante ci siano nel Regolamento alcune scelte che sembrerebbero rafforzare la valutazione formativa, il CNPI respinge l’idea che essa possa, nella quotidianità, spingersi verso un progressivo riconoscimento della votazione numerica come unico strumento a disposizione degli insegnanti, sollecita a considerare nell’universo dei soggetti destinatari della comunicazione valutativa anche gli studenti (talora bambini) che gli studi più recenti in materia di apprendimento considerano protagonisti attivi del processo educativo.

Nello specifico il CNPI evidenzia, in conclusione, quanto segue:

Pur riconoscendo che non può essere oggetto dello schema di regolamento la materia della valutazione nella scuola dell’infanzia, si ravvisa l’esigenza di rappresentare il tema con una particolare attenzione ai possibili indicatori dell’efficacia delle pratiche educative secondo un approccio rispettoso dei ritmi di sviluppo dei bambini di questa fascia d’età

Riguardo alla valutazione formativa, pur riaffermando le finalità formative della valutazione (valutare l’efficacia dell’insegnamento, valutare per migliorare gli apprendimenti e per il successo formativo) nello schema di Regolamento non si fa mai riferimento esplicito alla valutazione di processo. Il rischio è che la scuola sia indotta in un approccio riduzionistico, centrato sul prodotto; rischio rafforzato proprio dall’estensione della votazione numerica nella pratica quotidiana (si veda nel regolamento l’ art. 1 comma 8 “gli insegnanti ne estendono l’uso – il voto in decimi – alla pratica quotidiana)”. Questa precisazione va oltre lo stesso disposto della legge 169/08, che con l’art. 3 interviene esclusivamente sulla valutazione “periodica e finale”, mentre le scelte relative alla valutazione in itinere sono e devono rimanere prerogativa e responsabilità dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e della libertà e responsabilità professionale dei docenti.

Con riferimento alla valutazione degli alunni di lingua nativa non italiana (articolo 11) emergono profili di dubbia legittimità. Va ricordato, infatti, che per gli alunni in età di obbligo di istruzione, cioè fino a 16 anni, l'iscrizione non può subire alcuna limitazione anche quando riguardi gli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, circostanza di cui quanto disposto al comma 3 non sembra tenere conto. In ogni caso, il CNPI esprime netto dissenso sul contenuto di questo articolo, di cui denuncia il carattere discriminatorio. Per quasi tutti i ragazzi provenienti da altri paesi, infatti, la scuola rappresenta l'unica possibilità di accesso alla conoscenza della lingua italiana. Eventuali corsi di italiano L2 o sono scarsamente diffusi o comportano un costo proibitivo in rapporto alle condizioni economiche delle famiglie dei ragazzi. Se poi dovessero essere le scuole ad organizzarli prima dell'ammissione in classe, di fatto si introdurrebbero in via surrettizia quelle “classi ponte” di cui molto si è discusso recentemente. Sarebbe necessario, invece, affrontare il problema in un'ottica di inclusione, mettendo in condizione le scuole di sostenere con mirati interventi didattici aggiuntivi l'inserimento di questi ragazzi, anche ricorrendo alla flessibilità didattica e organizzativa, in modo da aiutarli a superare più velocemente le difficoltà iniziali, valorizzando gli stimoli che il contesto educativo della classe può e deve offrire. Assai opportuna, inoltre, sarebbe una sollecitazione alle scuole affinché la valutazione di questi alunni si ispiri ad una necessaria gradualità in rapporto al progredire dell'acquisizione della conoscenza della lingua italiana.

Nel testo dello schema di Regolamento è presente il riferimento alla collegialità del processo di valutazione e in alcuni casi si prevede l’unanimità delle decisioni. Mentre emerge con evidenza la contraddizione tra questi positivi riferimenti e la previsione di un “insegnante unico” nella scuola primaria si pone l’esigenza di prevedere, in ogni caso, ambiti e organismi collegiali per la valutazione degli alunni.

La questione della certificazione delle competenze sconta le difficoltà dovute all’assenza di una riflessione compiuta intorno al tema del profilo culturale della popolazione adulta. In particolare ci si riferisce alle questioni emerse nella ricerca internazionale IEA – SIALS, e, più recentemente, nelle indagini PISA-OCSE relative ai quindicenni. Questo terreno di lavoro e di ricerca induce ad evitare che la valutazione e certificazione delle competenze sia posta in modo riduttivo e parziale, ovvero misurando la quantità di conoscenze apprese, stante l’esigenza di garantire, invece, competenze (conoscenze, abilità, atteggiamenti) durevoli e resistenti nel tempo. A riguardo, il CNPI chiede di riprendere la riflessione sul profilo di uscita al termine dalla scolarità obbligatoria ad evitare la proliferazione di criteri indifferenziati di valutazione e certificazione delle competenze in uscita. Non si può non notare che l’Italia sarebbe l’unico paese europeo a certificare competenze in uscita con votazione numerica.

Il CNPI, sulla base delle considerazioni sopra esposte ritenendo necessarie radicali modifiche e sostanziali integrazioni allo schema di Regolamento proposto e una specifica riscrittura delle parti evidenziate, esprime parere contrario.