È di poche ora fa la notizia che il governo israeliano, capeggiato da
un leader sconfitto e corrotto, Ehud Olmert, ha rifiutato la pur tardiva richiesta
dell’Unione Europea, di concedere alla popolazione di Gaza stremata, una
tregua umanitaria di 48 ore nell’operazione militare che, con proterva
arroganza, è stata chiamata Piombo fuso. La notizia ci addolora e ci
indigna; ma non ci sorprende. Il governo israeliano sta passando, nei confronti
dei palestinesi, dalla politica della persecuzione a quella della eliminazione.
Come non vedere negli eventi in corso, non da oggi, una tremenda analogia con
quello che il popolo ebraico ha subìto? Ma le ingiustizie patite non
danno titolo, né morale né politico, a produrre altre ingiustizie
ai danni dei più deboli. Come operatori nel mondo della ricerca, dell’università,
della scuola, della comunicazione, delle arti, dello spettacolo, intendiamo
denunciare l’informazione menzognera dei media; e, d’altro canto,
la viltà – e talora complicità – della classe politica
italiana (con impercettibili distinguo nel suo seno).
Non paghi di aver, nel corso dell’anno, tributato grandi onori allo Stato
d’Israele, che festeggiava il suo 60°, dimentichi che quello stesso
anniversario ricordava, agli altri, gli arabi di Palestina, la catastrofe del
loro popolo (la Nakba), politici, opinionisti, organizzatori culturali (insomma
,“l’élite italiana”), stanno ora di nuovo dimostrando
una stupefacente smemoratezza e una disonestà che lascia allibiti. D’altronde
con “l’unica democrazia del Medio Oriente”, come si continua
a ripetere, l’Italia (e la Comunità Europea) ha accordi pesanti
di collaborazione militare, politica e scientifica.
Mentre le bombe continuano a falciare vite, nel pieno delle festività
di fine anno, e si minaccia un attacco di terra, da noi, in nome di un conclamato
quanto ingannevole spirito di equidistanza si pongono sullo stesso piano i razzi
sparati sulle città del Sud di Israele con l’osceno massacro in
atto a Gaza. E, adottando la posizione israeliana e statunitense, si chiede
ad Hamas di cessare le azioni militari, come passo indispensabile per ottenere
una tregua. Si accusa Hamas, che non si dimentica mai di etichettare come “organizzazione
terroristica” (il che non cancella i nostri dissensi politici e per molti
aspetti ideali, da Hamas), di aver rotto la tregua in atto da tempo: mentendo,
perché durante quella “tregua” fittizia, numerosi palestinesi
sono stati uccisi dagli israeliani, i quali hanno anche rapito e sequestrato
ministri (in numero di 8) e del legittimo governo di Hamas e deputati del Parlamento
(15), nell’indifferenza della “comunità internazionale”.
Si insiste sul fatto che Hamas si è “impadronita” di Gaza
con le armi, dimenticando che Hamas ha vinto libere elezioni, e un colpo di
Stato (con il sostegno israeliano, statunitense e gli applausi europei), gli
ha negato il governo del Paese, usando Abu Mazen se non come un Quisling, un
vero collaborazionista, certo come una sponda utile. Si accetta la versione
dell’attaccante che ci “informa” di colpire solo obiettivi
militari, e si finge di non sapere che fra tali obiettivi sono sedi universitarie,
ospedali, moschee. Si deplorano i morti civili (secondo stime ufficiali dell’Onu
al 25% della popolazione nei primi giorni dell’attacco israeliano, molti
dei quali adolescenti e bambini, ai quali è impedita la stessa possibilità
di cura, per mancanza di medicinali e di strumentazione, a causa del blocco
israeliano), ma si dimentica che da anni Gaza è il più grande
campo di concentramento a cielo aperto del mondo. E che ebrei sono – questo
il terribile paradosso – gli aguzzini di quel campo, mentre arabi sono
gli internati, ai quali, da anni, vengono negati i più elementari diritti,
a cominciare dal diritto stesso alla sopravvivenza.
Il blocco di Gaza è una delle pagine più buie di Israele, a cui
noi non chiediamo nulla, convinti che la sua politica sia destinata a produrre
effetti contrari a quelli perseguiti e che l’odio che sta seminando non
solo nella regione, ma in tutto il mondo, non potrà che accrescersi e
produrre conseguenze disastrose per uno Stato che ritiene di poter governare
tutto secondo il principio della forza, non solo rispetto ai palestinesi, ma
all’intera comunità internazionale, della quale si fa beffe (si
pensi al mancato rientro di Israele nei confini pre-1967, malgrado le innumerevoli
risoluzioni dell’Onu). E abbiamo pietà degli israeliani che oggi
festeggiano i circa 400 palestinesi uccisi nelle prime ore dell’operazione
Piombo fuso. La loro danza macabra testimonia come un’intera società
possa corrompersi moralmente (compresa la gran parte dei cosiddetti intellettuali
israeliani dissidenti), sotto il segno della guerra permanente.
La guerra odierna è tutt’altro che improvvisata: proprio come due
anni e mezzo fa, nell’estate 2006, soltanto un vaghissimo pretesto fu
trovato nella cattura di un soldato israeliano da parte di Hezbollah, per l’infelice
attacco al Libano, oggi il pretesto sono i razzi Kassam sparati da Gaza. Questa
guerra che gli stolti salutano come benefica, oggi, porterà a loro –
e purtroppo ad altri – nuove morti, nuove distruzioni, nuove sofferenze,
allontanando ogni possibile pace.
Chiediamo a quanti operano nei nostri ambienti di adoperarsi, con tutti i mezzi
a loro disposizione, per denunciare l’occultamento e il capovolgimento
della verità che, assecondando la campagna propagandistica israeliana,
che ha accuratamente preparato il terreno per l’attacco, si sta mettendo
in campo: oggi, più che mai, la propaganda non è un semplice strumento
di guerra: è essa stessa guerra. E nell’asimmetria delle “nuove
guerre”, questa scatenata da Israele sul finire di un anno terribile,
passerà alla storia, forse, come la guerra ai bambini.
A noi rimane lo strumento della denuncia affinché davanti all’“informazione”
manipolata e corriva, abbia libero corso il sapere critico, la riflessione informata,
l’educazione delle coscienze. Ora, per avviare la nostra mobilitazione,
ribadiamo che all’intellettuale spetta il duro compito, se vuole salvare
non la propria “genialità”, ma la propria “dignità”,
di gridare sui tetti la verità. Studieremo, nei prossimi giorni, eventuali
iniziative comuni, per portare avanti la nostra azione. Ma fin d’ora,
anche se servisse a poco e a pochi, pensiamo di non poter rimanere inerti, complici
o succubi, davanti alle immagini che ci giungono da Gaza sotto le bombe, alle
carni martoriate di quei bimbi innocenti, alle macerie fumanti di una comunità
che non si arrende, e che, perciò, rischia l’annientamento, mentre
noi stappiamo le nostre preziose bottiglie di champagne.
Angelo d’Orsi (Storico, Università di Torino)
Prime adesioni
Massimo Zucchetti (docente Politecnico di Torino, Comitato Scienziati e Scienziate
contro la guerra)
Franca Balsamo (sociologa, Università di Torino)
Diana Carminati (storica, già Università di Torino)
Carmen Betti (storica, Università di Firenze)
Alfredo Tradardi (organizzatore culturale, International Solidarity Movement,
Ivrea-Torino)
Alexander Höbel (storico, Università di Napoli Federico II)
Marco Albeltaro (dottorando in Storia, Università di Torino)
Gianfranco Ragona (storico, Università di Torino)
Massimo Sestili (insegnante e studioso di storia, Roma)
Emanuela Irace (giornalista indipendente, Roma)
Renato Caputo (dottorando in Filosofia, Università di Urbino)
Lorena Barale (studiosa di storia, archivista, organizzatrice culturale, Torino)
Antonio Santoni Rugiu (storico, già Università di Firenze)
Domenico Losurdo (filosofo, Università di Urbino)
Piero Bevilacqua (storico, Università di Roma Sapienza)
Giovanna Savant (dottoranda in Storia del pensiero politico, Università
di Torino)
Gesualdo Maffia (dottorando in Storia, Università di Genova)
Fulvio Grimaldi (giornalista e documentarista indipendente, Roma)
Joséphine Errante (zootecnica, già Università di Torino)
Valentina Conti (editore – AE Edizioni, Ancona; assessore Cultura Comune
di Jesi)
Alessandra Dino (sociologa, Università di Palermo)
Daniela Marendino (archivista, studiosa di storia, Torino)
Francesca Chiarotto (dottoranda in Studi Politici, Università di Torino)
Il testo dell’appello sarà postato, nei prossimi giorni, sul sito
www.historiamagistra.it con l’elenco
degli aderenti aggiornato.
Per aderire: info@historiamagistra.it
Chi aderisce è pregato di precisare la sua collocazione professionale
e la sede.