Lettere sull'Invalsi
Intervento di Luca Castrignanò
Se non altro le lettere aperte permettono di
interloquire anche a distanza. Nel mio caso da Bologna.
Partirò da un episodio recente che mi ha coinvolto come genitore.
Ad inizio d’anno le maestre di mia figlia
hanno presentato a noi genitori la programmazione per la classe (seconda a
tempo pieno). Le maestre ci spiegarono che l’uso esclusivo della matita
sarebbe continuato per tutta la durata dell’anno e solo in terza sarebbe
stato affrontato il passaggio alla biro. Noi adulti smemorati abbiamo (re-)imparato
così che per i bambini la scrittura con la biro costituisce quasi un
rito di passaggio ed è fondamentale che siano davvero pronti, che abbiano
potuto cimentarsi a lungo con errori e correzioni prima di lasciare un tratto
indelebile sulla pagina bianca. E’ il lungo esercizio della libertà
di sbagliare e riprovare, è il percorso di maturazione e crescita in
cui si acquisisce fiducia in se stessi e nella propria capacità di
agire sul reale, e proprio per questo anche di sbagliare senza esserne distrutti.
Non può, non deve esserci fretta. La lentezza e la serenità
del percorso erano dunque il centro dell’azione didattica. Questa comunicazione
a me è sembrata un esempio inequivocabile della passione delle maestre
per il loro lavoro, del senso del fare scuola, è stata motivo di gratitudine
per le insegnanti che hanno in cura mia figlia.
Ma che c’entra tutto ciò con l’INVALSI?
A maggio, inattesa, arriva ai genitori la comunicazione della prova invalsi.
Alcuni alunni di ogni classe seconda, scelti senza preavviso, avrebbero dovuto
svolgere le prove in un’aula diversa dalla loro. Regole e tempi rigidissimi,
divieto di uscire dall’aula, di fare domande e…rigorosamente penna
blu o nera. Purtroppo era stato il collegio dei docenti stessi che, pur senza
alcuna convinzione, aveva accettato la proposta di una adesione come un fatto
ineluttabile. Io sono un insegnante, so cosa sono i test invalsi ed è
bastato che parlassi ad altri genitori dell’esistenza di un “manuale
del somministratore” perché sbarrassero gli occhi esterrefatti.
(Un significativo gruppetto ha poi deciso di non autorizzare la partecipazione
dei propri figli ai test). Ciò che mi colpiva era la totale incongruenza
tra la pratica didattica ponderata e la scelta delle maestre da un lato e
l’interferenza di una prova come quella dei test invalsi dall’altro.
La biro innanzitutto. Ma che dire delle prove di lettura cronometrate e in
generale del setting di svolgimento dei test? Come si poteva, dopo aver costruito
lentamente l’aspettativa di un passaggio rituale alla biro solo in terza,
giustificare agli occhi dei bambini quella sorta di stato di eccezione delle
due ore del test? Come si potevano improvvisamente ignorare decenni di riflessione
sull’importanza dei corpi, degli spazi, delle relazioni? Come mai tante
energie da spendere per dare senso al proprio lavoro e così poche per
opporsi a questa prepotenza esterna?
La contraddizione era lampante e per fortuna. L’esistenza di uno scarto
tra la pratica didattica e l’evento invalsi testimoniava almeno una
parziale resistenza che purtroppo invece nelle scuole sta lasciando sempre
più spazio ad un atteggiamento diverso, di progressiva assimilazione
del modello didattico implicito nei test invalsi come quadro regolativo di
riferimento della propria pratica pedagogica. Nelle scuole medie si sono già
verificati nell’anno in corso momenti di simulazione della prova finale
invalsi e di addestramento al suo superamento. Ciò significa che una
volta definito cosa e come valutare è l’intero spazio della didattica
che viene plasmato: studenti, insegnanti, dirigenti e personale ATA, tutti
saranno sottoposti a livelli diversi, alla stessa idea di “Qualità”
della scuola.
I test invalsi circolano ormai in varie forme
da un decennio e purtroppo la loro presenza è diventata un elemento
del paesaggio scuola, spesso imposta dai dirigenti, a volte direttamente dal
Ministero come al tempo della Moratti e di Fioroni, che dopo averli momentaneamente
sospesi li ha addirittura integrati nell’esame di terza media.
Il problema di definire cosa, come e perché valutare viene sottratto
alla riflessione di coloro che vi sono direttamente coinvolti e trasformato
in una procedura tecnica cui tutti devono sottoporsi.
Mi chiedo come sia possibile ancora, dopo tutti questi anni, credere di poter
interagire con le modalità e gli scopi del sistema di valutazione nazionale
o pensare di avere un mero strumento operativo da utilizzare come feed-back
per la ridefinizione delle pratiche didattiche, mi chiedo come dopo dieci
anni di esperienza si possa ancora accusare di avere atteggiamenti aprioristici
chi si oppone radicalmente alla concezione di scuola promossa dall’Istituto
nazionale di valutazione . Nell’intervento della dirigente Salacone,
trovo un passaggio sentito e letto infinite volte in questi anni, a sostegno
dello svolgimento dei test.
Ritengo, infatti, che un Paese abbia non solo
il diritto, ma anche il dovere di effettuare verifiche sul proprio sistema
educativo, condividendone modalità e finalità con le stesse
scuole e con i /le docenti.
Questo tanto più, quanto vige un sistema delle autonomie e in un orizzonte
che colloca i sistemi di istruzione nazionali nel più ampio sistema
europeo.
Della valutazione, di quella degli alunni che realizziamo in modi spesso fortemente
arbitrari e non condivisi, di quella del personale, oggi inesistente, e di
quella dell’intero sistema dell’istruzione non ritengo che dobbiamo
avere paura, soprattutto se sono finalizzate a realizzare interventi a sostegno
delle situazioni più deboli.
Il nesso evidenziato tra valutazione degli alunni,
dei docenti, delle singole scuole e dell’intero sistema scuole con l’Autonomia
scolastica è davvero il cuore del problema, perché l’esperienza/esigenza
di un Invalsi e di una procedura standardizzata di valutazione è stata
introdotta insieme all’autonomia, come suo elemento integrante, e bisogna
tenerlo bene a mente.
Da quel momento il tema della valutazione è divenuto ossessivo, non
certo perché prima fosse stato ignorato dalla riflessione pedagogica,
ma perchè diventava elemento di sistema nel momento in cui l’istituzione
scuola veniva declinata come servizio offerto dalle singole istituzioni autonome
sul mercato degli studenti-utenti. Questo slittamento semantico è decisivo
per capire di cosa parliamo quando parliamo di valutazione, sostegno didattico,
successo scolastico ecc. Singole istituzioni in concorrenza tra loro offrono
merce–istruzione a utenti-clienti al pari degli altri servizi (trasporti,
mense, ecc.). La scuola, ente erogatore, deve a questo punto essere sottoposta
ad un controllo di qualità per rilevarne il grado di efficienza ed
efficacia come avviene nelle altre aziende. In altri termini bisogna misurarne
la produttività, per questo servono idonei strumenti operativi. L’invalsi
misura essenzialmente il misuratore, cioè definisce cosa esso vuole
che la scuola sia, che poi tale modello faccia paura o meno dipende dalle
diverse visioni del mondo, ma di questo stiamo parlando e non di un ipotetico
“valore” astratto o della paura psicologica di essere giudicati
.
L’apprendimento è una materia che non sembra prestarsi bene alla
misurabilità. L’ostinazione con cui si continua a cercare di
raggiungere una quantificazione oggettiva dei risultati scolastici attraverso
sistemi di monitoraggio, sempre modificati eppure sempre così uguali,
è in prima battuta vuoto e artificioso, lontano dalla migliore pratica
didattica quotidiana, ma ciò che più conta è che esso
funzioni per accreditare un modello politico e organizzativo diverso del sistema
scolastico, questa è la qualità di cui parlano efficace in funzione
della quantità di apprendimenti-competenze certificati e efficiente
in funzione della capacità di risparmiare sui costi di produzione di
tali risultati. Ma davvero può ancora stupire il progetto di legare
all’Invalsi i finanziamenti pubblici alle singole scuole privatizzate
e le progressioni di carriera dei docenti?
La “qualità del sistema” non è altro che la ristrutturazione
del sistema scolastico in senso aziendalistico. Che tale processo avvenga
attraverso il coinvolgimento di coloro che sono oggetto di tale valutazione
anziché affidarsi ad un controllo esterno non muta l’obiettivo
di sistema. Oggi la scuola è sottoposta al doppio attacco del taglio
brutale (Gelmini-Tremonti) e del compimento del processo di privatizzazione
(Aprea) : la lotta contro l’Invalsi si situa evidentemente su questo
secondo e attualissimo fronte per chi ha a cuore la scuola pubblica
Luca Castrignanò, Bologna
Desidero anch’io intervenire nel dibattito
apertosi sulla questione INVALSI in quanto ritengo che il sistema di valutazione
nazionale sia uno strumento decisivo per stravolgere il carattere pubblico
e ugualitaristrico della scuola italiana (per altro già pesantemente
intaccato dalla legge sull’autonomia).
Già l’intervento di Renata Puleo chiarisce come la valutazione
oggettiva sia da respingere a priori, essendo la valutazione atto intersoggettivo
(altro che “arbitrario” come afferma Simonetta Salacone) e non
riconducibile a tabelle e percentuali. Ma c’è anche altro dietro
la faccenda INVALSI le cui finalità sono state ben riassunte da Bruna
Sferra e che, incredibilmente, appaiono condivise dalla candidata Salacone.
L’”incredibilmente” è riferito al ruolo che la Dirigente
ha assunto nel movimento di quest’anno scolastico e che stride con le
affermazioni contenute nella sua lettera di risposta a Bruna Sferra; Simonetta
Salacone infatti ripete in toto le motivazioni ministeriali: è necessario
misurare tutto (cito dalla lettera: «le scuole, i loro risultati, gli
alunni, il personale, tutto il sitema dell’istruzione») e ciò,
come nella peggiore propaganda ministeriale, al fine di «sostenere le
situazioni più deboli»! Sembra che la Dott.ssa Salacone abbia
sentito nominare INVALSI solo in questo anno scolastico, che non abbia collegato
il tutto alla legge Aprea, che non sappia che i sistemi di valutazione sono
sistemi di controllo sulla libertà di insegnamento e finanche dei saperi;
essi sono estremamente pericolosi perché spingono i docenti ad allenare
i propri allievi ai test e si configurano come lo strumento indispensabile
attraverso il quale mettere gli insegnanti e le scuole in concorrenza tra
loro, nell’illusione (tutta figlia del fallimentare neoliberismo) di
migliorare la “qualità” (di cosa? Di fare i quiz?).
Nella sua lettera di risposta Simonetta Salacone rivela il suo allineamento
con le politiche del centro-sinistra di era Fioroni e conferma, e qui mi associo
alla delusione della collega Sferra, che la destra e la sinistra, quando si
tratta di scuola, al di là della propaganda, parlano dei linguaggi
troppo vicini e nelle cose essenziali e concrete (e per questo strategiche),
come sono ad esempio i test INVALSI, finiscono per non distinguersi più.
Serena Tusini
docente di scuola media
A proposito del carteggio... di Renata Puleo
A proposito del carteggio fra l’insegnante
Sferra e la Dirigente Salacone, faccio alcune riflessioni.
Sulla forma. Poiché il nostro lavoro – di insegnanti e di dirigenti
– si svolge in luoghi e per scopi pubblici, tutti i nostri atti lo sono.
L’adesione ad una iniziativa e le motivazioni che la legittimano non
costituiscono un atto privato. Un candidato ad una elezione è persona
pubblica e deve rispondere in questa veste dei suoi atti. Dunque, perché
l’insegnante Sferra avrebbe dovuto contattare privatamente la Dirigente
Salacone per manifestare la sua meraviglia nel vedere la scuola da lei diretta
fra i volontari delle prove Invalsi? Non è questione da derubricare
fra le meno importanti e –come si è visto – la nota dell’insegnante
Sferra ha contribuito a riaprire il dibattito sulla valutazione.
Nel merito. Chiunque di noi stia seriamente a scuola da anni – come
docente o come dirigente, direttore prima – sa che valutare un processo
e i suoi risultati è necessario ma, e non è un paradosso, altrettanto
impossibile. Sulla necessità, che è banale ed autoevidente,
dirò solo che ogni attività umana che si proponga il cambiamento
tenta di valutarlo. Il giudicare è tipicamente umano. Sulla impossibilità
ci siamo cimentati un po’ tutti, con frustrazione e con spirito di ricerca.
Non ci sono scorciatoie: i comportamenti nella diade insegnamento/apprendimento
sono instabili, legati ai contesti, marezzati da una miriade di fattori, tanto
che possiamo appena imparare a descriverli localmente. Ma, purtroppo, abitiamo
un’epoca che vive con la presunzione arrogante della controllabilità,
la presunzione di mettere l’imprevedibile sotto controllo. Il processo
dell’apprendimento non è mai a somma definita perché,
come dice la fisica, le parti non sono semplici addenti, interagiscono fra
loro, intrattengono relazioni. Ciò non significa che non si possa provare
a capire quel che succede mentre impariamo e ragionare sulle condizioni in
cui lo facciamo. Ma solo la collegialità e la cooperazione, come incrocio
di sguardi e di saperi, ci possono aiutare ad avvicinarci alla comprensione
di alcuni comportamenti. Quella cooperazione che a scuola oggi viene bandita.
Affermare che qualcosa è meglio di niente (ma chi l’ha detto
che non c’è niente?) e che è utile il confronto fra realtà
scolastiche (così diverse da apparire mondi separati) come ci propone
l’Invalsi, è un’ingenuità. Concedere a questo Ministro
e a questo Governo il beneficio della buona fede ci avvicina sempre di più
al suicidio politico e culturale. Ha ragione l’insegnante Sferra a ricordarci
lo stretto legame fra la questione Invalsi, le tesi di Ichino-Checchi-Vittadini
e il DL Aprea: pur con manovre maldestre questo Governo si mostra meno ingenuo
di noi, ogni sua mossa è coerente con l’ampia strategia di liquidazione
della scuola pubblica. Abbiamo già dovuto constatare amaramente come
la nostra superiore (un po’snob!) tolleranza, o addirittura l’approvazione
di singole azioni politiche in quanto singolarmente ritenute giuste o inoffensive,
abbia contribuito a sdoganare comportamenti destrorsi e a portare alla rovina
il patrimonio di saperi accumulati da quella parte di società e di
scuola che si riconosce nel quadro dei valori costituzionali.
Renata Puleo, dirigente scolastica Primo Circolo Didattico di Roma
IN RISPOSTA
alla lettera aperta
di Simonetta Salacone Roma , 02/06/2009
Gentile insegnante
leggo solo ora la sua lettera aperta sul sito ReteScuole e mi chiedo perché,
anziché ricorrere ad una lettera aperta, non ha provato a mettersi
in contatto diretto con me o con qualche insegnante della IqbaL Masih, visti
i densi rapporti di frequentazione che contraddistinguono la realtà
delle scuole romane.
La partecipazione della nostra scuola, come anche quella di tante altre scuole
in Italia, al progetto Invalsi “ per la rilevazione degli apprendimenti
degli alunni in alcune discipline fondamentali come l’italiano e la
matematica” è stata decisa dalla Commissione Valutazione , quando
l’Invalsi ha riaperto, in aprile, i termini per l’adesione.
Abbiamo deciso di aderire ad un progetto che, intanto, era su base volontaria
e non obbligatoria come in passato, e sulla base di quanto contenuto nella
lettera a firma del Presidente dell’Invalsi http://www.invalsi.it/snv0809/documenti/PresentazioneSNV.pdf
sembrava avere come finalità quella di fornire alle scuole strumenti
di conoscenza degli apprendimenti dei propri alunni, comparabili con quelle
di altre scuole e quella di poter utilizzare i risultati delle prove stesse,
che sarebbero state restituite, dopo l’analisi, dall’Invalsi in
forma disaggregata e del tutto anonima alle scuole, per l’autovalutazione
di istituto.
Personalmente ho appoggiato tale decisione, ritenendo che l’adesione
ad una ricerca sul campo, in cui le scuole avrebbero potuto confrontarsi concretamente
e sin dall’inizio del percorso con gli esperti dell’Istituto,
sarebbe servita anche alla nostra scuola per capire quali modalità
e contenuti una valutazione nazionale avrebbe potuto mettere in campo, per
monitorare le scuole e i loro risultati.
Ritengo, infatti, che un Paese abbia non solo il diritto, ma anche il dovere
di effettuare verifiche sul proprio sistema educativo, condividendone modalità
e finalità con le stesse scuole e con i /le docenti.
Questo tanto più, quanto vige un sistema delle autonomie e in un orizzonte
che colloca i sistemi di istruzione nazionali nel più ampio sistema
europeo.
Della valutazione, di quella degli alunni che realizziamo in modi spesso fortemente
arbitrari e non condivisi, di quella del personale, oggi inesistente, e di
quella dell’intero sistema dell’istruzione non ritengo che dobbiamo
avere paura, soprattutto se sono finalizzate a realizzare interventi a sostegno
delle situazioni più deboli.
Successivamente all’adesione della nostra scuola, visto che le procedure
indicate dall’Invalsi procedevano per step successivi e molto limitati,
senza una illustrazione complessiva del percorso e senza indicazioni su quando
le scuole avrebbero potuto confrontarsi con il sistema e dire la loro sulle
prove stesse, abbiamo esaminato in Collegio dei docenti l’intero progetto
di cui non era stata fatta lettura approfondita in Commissione Valutazione.
Il Collegio ha espresso molte perplessità sull’impianto apparentemente
tecnicistico e neutrale , ma nei fatti pericolosamente utilizzabile a fini
sanzionatori e selettivi sia delle scuole che del personale e ha deliberato
di formulare alcune richieste di chiarimento all’Invalsi, riservandosi
il diritto di recedere dalla partecipazione al progetto qualora l’Istituto
non avesse provveduto a fornire i richiesti chiarimenti.
Di fatto le risposte non sono arrivate e la scuola “Iqbal Masih”
non parteciperà al percorso Invalsi.
Mi dispiace di averla delusa, ma ritengo meno legittime le prese di posizione
“a priori” che quelle che cercano, nonostante tutto, di interloquire
fin dove è possibile con il sistema nazionale, permettendosi di approfondire,
esaminare proposte, avere dubbi, tornare sui propri passi e pronunciarsi non
solo con rifiuti, ma con articolate e motivate risposte e solo a seguito di
esperienze condotte e risultate negative.
Simonetta Salacone
dirigente scolastica della scuola “I. Masih” di Roma [dal
sito Retescuole]
Risposta a ... di Bruna Sferra
Su sito “Non Rubateci il Futuro”
è apparso un commento non firmato alla mia lettera aperta.
Il commento viene fedelmente riportato alla fine della mia risposta..
Mi si suggerisce di preoccuparmi della mia scuola
elementare (mie?), lo faccio fin troppo e chi lavora con me lo sa bene. Proprio
perchè sono tanti anni che contrasto le devastanti politiche scolastiche
e sempre in estenuante conflitto con Dirigenti Scolastici fedeli esecutori
delle stesse, mi fa rabbia sapere che le scuole che potrebbero essere "isole
felici" cadono in evidente contraddizione. Infatti, anche alla luce delle
due risposte che ho ricevuto (questa e quella su retescuole), continuo a sorprendermi
perchè non fanno altro che confermare quanto già detto nella
lettera aperta. C'è stata un'adesione e una richiesta all'invalsi sulle
finalità dei test. C'è bisogno che ve le spieghi l'invalsi o
non era già tutto chiaro fin dalla prima direttiva? E’ come scrivere
all’Aprea per conoscere le finalità del suo disegno di legge!
Sinceramente mi sembra ininfluente "l'analisi dei test", giusti
o errati che siano, sempre test rimangono e continuo a considerarli inadatti
ad una seria valutazione.
Chi ha seguito i vari siti sulla scuola forse ricorda che ho proposto e attuato
di allegare alla scheda ministeriale, con voto uguale per tutti, il modello
di valutazione che è seguito alla L.517/77 ( chi volesse lo può
trovare per esempio sul sito www.cespbo.it) coerente con le istanze dei programmi
dell’85. Così farò anche per il secondo quadrimestre.
Quindi non mi venite a parlare di confusione tra valutazione formativa e sommativa,
per favore!
Riguardo alla mia presunta attività sindacale, non sono RSU, ma conosco
i nostri diritti e sono pronta a spendermi quando ce n'è bisogno. Sarà
una "malattia" Cobas?
Campagna elettorale? Non sono coinvolta e non mi interessa!
Bruna Sferra
I Test Invalsi all'Iqbal Masih
Dal sito "Non rubateci il futuro"
Sul sito di retescuole è stata pubblicata
una lettera aperta alla dirigente Simonetta Salacone nella quale si critica
la scelta fatta dalla scuola di aderire alla sperimentazione Prove Invalsi.
Come già altri hanno fatto notare sullo stesso sito la notizia è
infondata: ad una prima adesione, proposta dalla Commissione Valutazione,
non è seguita la somministrazione dei test agli alunni perchè
le condizioni poste dall'Invalsi continuavano a cambiare e non risultavano
sufficientemente chiare. Il collegio docenti ha discusso; la commissione valutazione
ha elaborato un documento di richiesta di chiarimenti all'Invalsi ( a cui
non è stata data risposta, peraltro). Per cui, niente test Invalsi
all'Iqbal; si prepara però un documento di analisi dei test stessi,
che sembrano comunque pieni di errori e incongruenze. La commissione valutazione
ha preparato strumenti di verifica per le varie classi; si sono usati i test
IEA e TIMMS. La posizione della scuola Iqbal Masih sulla valutazione e sul
voto in decimi è chiara, coerente e soprattutto compatta. Forse la
collega che ha scritto la lettera dovrebbe preoccuparsi maggiormente di scuole
di Roma, dove insegna e svolge attività sindacale, dove tutti mettono
i voti in decimi fin dalla prima elementare, dove ci saranno alunni delle
scuole medie con insufficienze e forse respinti, dove non si sa distinguere
tra valutazione sommativa e valutazione formativa, prima di accusare Simonetta
Salacone e il collegio dell'Iqbal Masih di "iniziare ad accettare logiche
fondate sulla discriminazione, sulla selezione, sul classismo, su falsi meriti
e sulla competizione".
Ma vabbè, siamo in piena campagna elettorale...
LETTERA
aperta alla dirigente scolastica Simonetta Salacone
di B. Sferra
Gentile d.ssa Salacone,
ho appreso con stupore dal sito dell’INVALSI che la scuola Iqbal Masih
di Roma, da Lei diretta, è tra l’elenco di quelle che hanno aderito
alle prove di quest’anno scolastico.
Premesso che non c’è alcuna obbligatorietà, vorrei osservare
che la scelta è in forte contraddizione con la linea seguita da Lei e
dalla sua scuola fin dal settembre scorso. Infatti la scuola Iqbal Masih è
stata capofila del movimento “Non rubateci il futuro” e ha avuto
il merito di iniziare, attraverso una lunga occupazione, la protesta contro
la L.133/08 e l’allora D.L.137/08 (decreto Gelmini), oggi L.169/08. Tra
le tematiche in difesa della scuola pubblica, “Non rubateci il futuro”
non ha mancato di esprimere la netta contrarietà al disegno di legge
Aprea per le gravi conseguenze che questo determinerà sulla scuola. Lei
stessa, in un’assemblea tenutasi alla scuola D’Antona Biagi, il
giorno 12 marzo 2009, nella quale eravamo entrambe relatrici, ha esposto in
modo puntuale ed esaustivo il ddl Aprea, stigmatizzandone i contenuti.
È da quattro anni, cioè dall’introduzione delle prove Invalsi,
che il movimento si batte contro di esse ed oggi, alla luce del ddl Aprea, è
ancor più chiaro quali siano le finalità della valutazione del
sistema scuola.
Per capirle basta leggere il documento che l’INVALSI utilizzerà
come base per la predisposizione del suo piano di lavoro per il prossimo triennio
redatto dal prof. Daniele Checchi, dal prof. Andrea Ichino e dal prof. Giorgio
Vittadini il 4 dicembre 2008.
Il documento che titola: “ Un sistema di misurazione degli apprendimenti
per la valutazione delle scuole: finalità e aspetti metodologici”
è sicuramente di Sua conoscenza, quindi non mi dilungherò nel
commentarlo ma ne citerò solo alcuni punti, a mio parere, significativi:
- l’autonomia decisionale delle scuole dovrà occuparsi della gestione
delle risorse umane “di pari passo con la definizione di un sistema di
valutazione che permetta di misurare i risultati ottenuti […]”;
- verrà costituito un “ranking provinciale, regionale e nazionale
rispetto a tutte le scuole o alle scuole dello stesso tipo, costruito sulla
base della media o della mediana dei risultati dei rispettivi studenti”;
- “[…] sarà possibile studiare se e come collegare i risultati
della valutazione a misure di natura premiante o penalizzante per i budget delle
singole scuole”;
- per assicurare alle scuole la necessaria autonomia il Ministero dovrà
affrontare i seguenti nodi:
“a) Reclutamento e rimozione dei presidi sulla base della performance
ottenuta.
b) Reclutamento e rimozione degli insegnanti.[…]”;
- si prevede “la predisposizione di un’Anagrafe Scolastica Nazionale
che segua nel tempo tutti gli studenti consentendo di abbinare la loro performance
alle caratteristiche delle scuole frequentate e degli insegnanti incontrati,
nonché a dati di fonte amministrativa sulle caratteristiche demografiche
ed economiche delle loro famiglie” mediante la quale “è in
linea di principio possibile abbinare ogni singolo insegnante alla performance
degli studenti ai quali ha insegnato nel periodo di riferimento [...]”.
“È quindi teoricamente possibile disegnare un sistema di incentivazione
che premi i singoli operatori della scuola in funzione del conseguimento di
obiettivi relativi agli studenti con i quali essi siano entrati direttamente
in contatto”;
- la stima del costo complessivo potrà arrivare fino a 81 milioni di
euro.
È evidente che le finalità sopra riportate sono in perfetta sintonia
con le disposizioni previste nel ddl Aprea: la scomparsa del Consiglio di Circolo/Istituto
sostituito da un Consiglio di Amministrazione, composto dal Dirigente Scolastico,
dal DSGA senza diritto di voto, da almeno un docente e un genitore, da uno studente
per le scuole superiori, da un rappresentante degli enti locali e da esperti
esterni, che avrà anche il compito di nominare, tra i docenti esperti
ed i membri esterni, il Nucleo di Valutazione del servizio scolastico; la distinzione
in tre fasce stipendiali (docente iniziale, ordinario ed esperto ) dei docenti
stessi; la costituzione di una commissione di valutazione degli insegnanti iniziali
e ordinari presieduta dal Dirigente Scolastico, da tre docenti esperti e da
un rappresentante designato a livello regionale e la costituzione del portfolio
dell’insegnante sono solo alcuni esempi su come quanto affermato nel ddl
Aprea e cioè che “la carriera docente deve essere fondata essenzialmente
su standard, valutazione, sviluppo, professionalità, specializzazione
e responsabilità per i risultati” insieme alla valutazione delle
scuole per opera dell’INVALSI conducano inevitabilmente a piegare la didattica
alla logica della valutazione in cambio di aumenti stipendiali e/o del budget
della scuola.
Nella mia scuola, il 49° Circolo Didattico di Roma “Principe
di Piemonte”, la Dirigente Scolastica ha dato l’adesione alle prove
INVALSI senza neanche la delibera del Collegio dei Docenti e non so in quante
scuole questo sia accaduto; e io, “semplice” insegnante, appena
ne sono venuta a conoscenza ne ho dato notizia ai genitori della mia classe
e al presidente del Comitato dei genitori ignari di tutto. Si tratta di persone
avvedute che si sono subito informate su cosa fosse questo INVALSI, ne hanno
dibattuto, sono emerse diverse criticità, ma ne sono usciti un po’
confusi proprio perché, a noi insegnanti, non ci è stata data
la possibilità del confronto collegiale. In ogni caso è stata
presentata una diffida nei confronti del Dirigente Scolastico avverso la somministrazione
dei test. Anche nell’anno scolastico 2005/2006, nella scuola in cui insegnavo,
il 144° Circolo Didattico “Luigi Pirandello”, mi rifiutai di
somministrare le prove insieme ad altri docenti. Quest’anno, alla “Principe
di Piemonte” so per certo che un insegnante, per pura ansia da prestazione
e senza il miraggio dell’aumento, visto che la legge Aprea è ancora
solo un disegno, ha abbandonato per una quindicina di giorni le normali attività
didattiche per allenare i propri alunni ai test. Lei pensa che questo si sia
verificato solo nella mia scuola e solo da un docente? O ritiene che, alla luce
di quanto sopra, in futuro la logica della valutazione surclasserà quella
dell’insegnamento-apprendimento? Lei non crede che la valutazione sia
invece quel processo intrinseco all’insegnamento attento ai ritmi cognitivi
di ogni singolo alunno nella sua diversità e specificità strettamente
legata alle scelte programmatiche e metodologiche dei singoli docenti e che
non debba e non possa effettuarsi su prove standard, decontestualizzate e nozionistiche
per una cultura frammentaria e “frantumata”? Non sta già
accadendo che gli insegnanti valutino in decimi anche sui propri registri? Sappiamo
bene quanto sia facile metabolizzare tutto, anche ciò che fino a poco
tempo prima sembrava impensabile, soprattutto se anche le persone più
sensibili e progressiste come Lei iniziano ad accettare logiche fondate sulla
discriminazione, sulla selezione, sul classismo, su falsi meriti e sulla competizione.
È così difficile capire che tagliare tutti i fondi alle scuole
pubbliche (a favore di quelle private) determini una situazione di forte disagio
con gravi conseguenze sulla qualità delle stesse e che, parallelamente,
pretendere di valutarle a costi elevatissimi sia una grave incoerenza? Basta
pensare che con 81 milioni di euro (costo complessivo dell’INVALSI) si
potrebbero, ad esempio, attribuire circa 8mila euro ad ogni istituzione scolastica
per il funzionamento amministrativo e didattico o pagare i corsi di aggiornamento
e formazione agli insegnanti se si desidera veramente alzare il livello di qualità
della scuola pubblica.
Anche se la decisione di aderire alle prove INVALSI è il frutto di una
delibera collegiale sappiamo benissimo che il Dirigente Scolastico formula l’ordine
del giorno e che, in ogni caso, realisticamente parlando, è basilare
nell’esposizione degli argomenti; la recente storia di questo movimento
ha dimostrato quanto la Sua capacità di creare consenso sia stata determinante
(e di questo La ringrazio) per la mobilitazione “anti-Gelmini” all’interno
della sua scuola e fuori.
Concludo con l’esprimere tutta la mia delusione.
Roma, 31 maggio 2009
Bruna Sferra – insegnante di scuola elementare