Da Repubblica on line 18 marzo 2011
IL CASO
Il giallo delle prove Invalsi scricchiola il "sistema
Gelmini"
Le prove per testare il livello di preparazione degli alunni
italiani in programma a maggio, ma restano i dubbi sulla loro obbligatorietà
e i cobas hanno lanciato una campagna che le contesta. I dubbi dell'avvocato
dello Stato
di SALVO INTRAVAIA
Giallo sulle prove Invalsi, in calendario dal 10 al 13 maggio prossimi, le prove che testano il livello di preparazione degli alunni italiani. Sono obbligatorie o le scuole possono decidere di non farle? Egli insegnanti sono obbligati a somministrare i test? Dopo la lettera dell'avvocato dello Stato, Laura Paolucci, e la presa di posizione dei Cobas, la questione è tutt'altro che chiara. E le prove Invalsi, che per la prima volta diventano obbligatorie anche al superiore, rischiano di naufragare. I presidi delle scuole superiori si riuniscono, si chiamano e si interrogano sul da farsi. Alcuni chiedono al collegio di esprimersi in merito, altri inviano circolari perentorie: sono obbligatorie e occorre svolgerle. Ma come stanno in effetti le cose?
Le scuole hanno l'obbligo fare svolgere agli alunni delle scuole elementari
(seconda e quinta), medie (prime) e superiori (seconda) le prove predisposte
dall'Invalsi annualmente, ma gli insegnanti della scuola non hanno nessun obbligo
di somministrare i questionari, di compilare le relative schede, né tanto
meno di sorvegliare le classi durante lo svolgimento delle prove. Si tratterebbe,
per i docenti, di lavoro straordinario che il capo d'istituto dovrebbe trovare
il modo di retribuire con un compenso a parte. Se tutti i docenti a maggio si
rifiutassero di "collaborare" con l'Invalsi, con quale personale potrebbe
assicurare lo svolgimento delle prove il dirigente scolastico?
Ma c'è di più: le scuole non hanno fondi da distribuire per un'attività
che non è contemplata nel contratto di lavoro degli insegnanti e che
non si saprebbe neppure come classificare. Secondo i Cobas, che stanno portando
avanti una campagna nelle scuole per fare saltare le prove, "tutto il lavoro
richiesto ai docenti per la somministrazione dei test non è obbligatorio".
Tutte le operazioni connesse con i test Invalsi comportano un lavoro aggiuntivo
che non rientra fra i compiti "obbligatori" del docente e che, quindi,
non è tenuto a svolgerlo. I docenti che decidessero di accettare tale
compito aggiuntivo devono comunque essere remunerati con il fondo di istituto.
Linea sostanzialmente confermata dall'avvocato dello Stato, Laura Paolucci,
in una missiva pubblicata sul sito dell'Ufficio scolastico regionale del Piemonte:
le prove sono obbligatorie per le scuole e il collegio dei docenti non ha nessun
potere di deliberare in merito. Gli obblighi di lavoro dei docenti sono articolati
in "attività di insegnamento" e "attività funzionali
all'attività di insegnamento". La somministrazione delle prove Invalsi
non può essere considerata, ovviamente attività di insegnamento,
né attività funzionale, in quanto il contratto le elenca. E tra
queste troviamo: la preparazione delle lezioni e delle esercitazioni; la correzione
degli elaborati; la cura dei rapporti individuali con le famiglie. Ma anche
la partecipazione ai consigli di classe, ai collegi dei docenti, i ricevimenti
con le famiglie e gli scrutini.
Di eventuali prove, come quelle Invalsi, non vi è traccia. Ma alcuni presidi contano di aggirare l'ostacolo organizzando la somministrazione delle prove durante le ore di lezione. E' possibile, in questo modo, risolvere il problema? Gli insegnanti, a questo punto, sono obbligati a svolgere un'attività diversa da quelle previste dalla cosiddetta "funzione docente"? La questione non mancherà di aprire altre polemiche, almeno fino a maggio.
Ma è l'intero sistema di valutazione messo in piedi dal ministro dell'Istruzione,
Mariastella Gelmini, che nel complesso scricchiola. Il Milleproroghe ne ha disegnato
l'architettura in questo modo: l'Indire (l'Istituto nazionale di documentazione,
innovazione e ricerca educativa), che si occuperà della valutazione degli
insegnanti; l'Invalsi, che testa la preparazione degli alunni, e il "corpo
ispettivo", che valuterà le
scuole e i dirigenti scolastici. Un sistema che si regge su "tre gambe".
Ma l'Invalsi, prima gamba del sistema di valutazione, è zoppa: potrebbe avere in futuro difficoltà a somministrare le prove agli alunni, perché nel contratto dei docenti non è previsto nessun impegno in tal senso. La seconda gamba, l'Indire, non c'è. E' stato chiuso con la finanziaria e nel 2007 e l'altro istituto, l'Ansas (l'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica) - che secondo i decreti del ministro Gelmini dovrebbe svolgere un ruolo di consulenza riguardo ai progetti sul merito lanciati a Milano, Napoli e Torino, per gli insegnanti, e a Siracusa, Pisa e Cagliari, per le scuole - è stato prorogato di un anno, ma non ha tra le sue competenze quelle di valutare scuole e insegnanti. Insomma, un pasticcio.
La cosa è emersa in commissione Cultura al Senato qualche giorno fa.
"Pur prendendo atto - ha dichiarato il sottosegretario Giuseppe Pizza -
delle dichiarazioni rese dal rappresentante del governo in commissione, secondo
cui si tratta di un errore tecnico, resta da chiarire se è
intenzione del governo attribuire all'Ansas anche compiti di valutazione ovvero
modificare diversamente la norma sul milleproroghe".
C'è poi il corpo ispettivo, la terza gamba, che però ha il personale
ai minimi termini. E il concorso in fase di svolgimento si preannuncia
in salita: per un pasticcio nel bando, tantissimi esclusi ai test di ammissione
si sono rivolti al Tar e la selezione, che comunque vadano
le cose non si completerà prima di un anno, potrebbe subire uno stop,
lasciando il sistema zoppo anche della terza gamba.