Il 15 ottobre ha segnato in tutto il
mondo la nascita di un nuovo gigantesco protagonismo sociale. Milioni di cittadini
ovunque in tutti i continenti hanno manifestato per difendere la democrazia
ed i diritti, messi a rischio dall’arroganza dei governi, delle banche,
dalla finanza speculativa e dalle istituzioni finanziarie, dalle classi ricche
e potenti che vorrebbero fare pagare la crisi ai cittadini ed alle cittadine.
In Italia si è registrato il numero più alto di partecipazione,
a dimostrazione della straordinaria vitalità dei movimenti e della
società civile italiana. Cinquecentomila persone sono venute a Roma
con le loro proposte e la loro indignazione, con l’obiettivo di supportare
e partecipare alla nascita di un movimento contro la crisi e chi l'ha provocata.
Lavoratori e lavoratrici, studenti, ricercatori, precari, famiglie, pensionati,
artisti, associazioni, comitati territoriali, forze sindacali , sociali e
politiche : un’Italia plurale ieri si è manifestata contro le
politiche di austerità e per cambiare le politiche economiche in Italia
ed in Europa.
Il diritto di manifestazione e di parola è stato invece negato a centinaia
di migliaia di partecipanti da chi ha aggredito il corteo e la città.
Alcune centinaia di persone hanno fatto la gravissima scelta di violentare
la manifestazione ed hanno in realtà manifestato contro l’enorme
protesta di massa.
Il corteo ha reagito, si è ribellato, difendendo il diritto di non
vedere stravolti i motivi della partecipazione popolare.
Denunciamo in Piazza San Giovanni le gravissime responsabilità delle
forze dell’ordine che hanno ripetuto in parte il meccanismo di Genova
2001: nessuna traccia di loro in tutto il corteo e poi l'intervento violento
e demenziale in piazza S. Giovanni, con i ripetuti assalti del blindati lanciati
a folle velocità, che hanno seminato panico e feriti tra la folla dei
manifestanti.
Le ragioni che ci portano a continuare il nostro impegno sono sempre più
presenti. La permanente gravità della crisi e le ricette capitalistiche
che continuano a imporci, sono i motivi che ci spingono a continuare la lotta
per “fare pagare il debito e la crisi a chi li ha provocati", in
collegamento con la protesta globale che mantiene e rafforza l'opposizione
alle politiche liberiste e guerrafondaie.
Per il bene comune di tutti e tutte.