Un tecnico
si aggira per le scuole
di Piero Fossati, "il
manifesto, 24 dicembre 2011
L’avete visto? Nello spazio quotidiano che la brava Lilli
Gruber ha aperto su Otto e mezzo per farci conoscere i nuovi ministri l’altra
sera, dopo il glaciale e inquietante ammiraglio (faccia da generale sovietico
alla parta militare sulla Piazza Rossa), è comparso il mellifluo Francesco
Profumo, rettore del Politecnico di Torino: un tecnico al quadrato dunque. Per
definizione, tecnico dovrebbe essere uno che conosce la sua materia e applica
con competenze ricette opportune, possibilmente dopo avere spiegato agli interessati
la bontà delle sue soluzioni. Il politecnico Profumo ha raccontato di
aver visitato in questo mese un po’ di scuole per farsene un’idea,
spiegazione apparsa anche simpatica ai bravi giornalisti interlocutori. È
in questi modi e con questi tempi che un tecnico raccoglie le sue informazioni?
Forse allora si può capire perché quando si ha bisogno di un idraulico
o di un televisorista occorre attendere giorni e giorni: sono in giro a vedere
gli impianti del loro mestiere per farsene un’idea!
E quanta candida insipienza storica, scusabile solo in giornalisti che, non
essendo tecnici, possono ignorare aspetti dei problemi della scuola italiana:
un concorso per affrontare il problema del precariato e dello svecchiamento
docente? Strada dignitosa, a saperla applicare. Al ministro non dovrebbe sfuggire
che il concorso è il meccanismo previsto dalla Costituzione per entrare
nei ruoli dello Stato e che più o meno biennalmente, almeno nella scuola
elementare dal dopoguerra agli anni Ottanta, si facevano. I calcoli del ministro:
200 mila gli iscritti nelle graduatorie dal 1999 ad oggi; 20 mila i giovani
laureati che potrebbero entrare nella scuola, proporzione di uno a dieci da
soddisfare per coprire i 12 mila posti possibili. Quindi nove posti agli iscritti
nelle graduatorie e uno a concorso: 1200 forze nuove nella scuola.
Un tecnico può ignorare la storia, ma avrebbe il dovere di informarsi.
Gentile nel 1923 (guarda caso c’era un governo coi pieni poteri) buttò
fuori dalla scuola elementare, con scontri sindacali violenti, tutti coloro
che potevano andare in pensione: poi fece un concorsone. Furono 4792 i promossi
su 86.366 insegnanti. Con 1200 assunzioni il ministro pensa di svecchiare una
popolazione scolastica oggi dieci volte più numerosa? Ma il calcolo è
palesemente errato e l’ingenuità ministeriale lascia sbigottiti:
il concorso per ventimila insegnanti – ha detto il ministro – può
essere regionalizzato perché è una cifra gestibile, e di conseguenza
può anche essere “serio”, in grado di accertare il valore
dei candidati. Ma come si fa a non vedere che un concorso simile attirerebbe
inevitabilmente anche la massa dei duecentomila in graduatoria o il ministro
pensa che questa legione starebbe in disparte a spartirsi i 10800 posti rimasti?
C’è poi il capitolo banalità: da un politecnico forse non
si possono pretendere conoscenze di didattica, ma il dibattito sulla lezione
frontale è tema da storia della pedagogia e l’inno alle nuove tecnologie
sarebbe meglio lasciarlo ai governi delle tre “I”. Resta l’appello
all’autostima degli insegnanti: il ministro pensa di affiancare qualche
psicoterapeuta ai docenti in crisi di identità? Invece di andare in giro
per le scuole a scoprire l’acqua calda Profumo potrebbe circondarsi di
studiosi competenti almeno qual tanto da spiegargli che l’autostima non
cresce coi fichi secchi.