MODULARITA'-PERSONALIZZAZIONE
Luca Castrignanò (Bologna)

Negli anni di Berlinguer e De Mauro, la parola modulo attraversava ogni discorso didattico-pedagogico e organizzativo sulla scuola, essa costituiva una vera e propria parola chiave per descrivere i cambiamenti proposti con la riforma. Basta dare un’occhiata alle modifiche – seppure quasi sempre di facciata – delle edizioni dei libri di testo per rendersi conto di quanto fosse divenuta assillante il richiamo alla modularità dell’insegnamento. Che ne è ora della modularità?
Cambiano i governi e cambiano le riforme, dei moduli si sente parlare sempre meno e altre parole occupano gli spazi vuoti…tutor, portfolio…e le edizioni scolastiche si aggiornano nuovamente (quale nuova edizione non contiene una proposta di modello operativo per il portfolio?).
Il problema è capire se tale alternanza delle parole rappresenti una discontinuità reale e quali spostamenti eventualmente rilevi.
Nei documenti che hanno accompagnato i testi della riforma Moratti un mutamento di Weltanschaung sembra presente, in particolare per il frequente riferimento alla “centralità della persona” e al sistema di valori che la scuola deve veicolare. Se a ciò si aggiungono gli accordi con la CEI sull’insegnamento della religione cattolica che mirano a riconoscere un valore trasversale all’insegnamento di religione che attraverserebbe tutte le materie scolastiche e i richiami alla religione che si infiltrano qua e là nelle Indicazioni nazionali il quadro sembrerebbe chiaro: siamo di fronte a una riforma che si ispira a un modello tradizionalmente forte di trasmissione di valori che contrasta con un modello apparentemente scevro di dogmi contenutistici come quello modulare-berlingueriano, il cui unico credo era quello dell’efficienza, dell’efficacia e dell’educazione alla flessibilità. In qualche modo si potrebbe dire che il modello modulare di Berlinguer mettesse da parte la soggettività per lasciare spazio a un reticolo di competenze certificabili, - si valutano competenze, non persone – mentre ora si vuole affermare la centralità della persona, come un modello unitario e organico fondato culturalmente sulle tradizioni, prima fra tutte quella cattolica. Era questa l’obiezione di fondo che il Cardinale Ruini poneva alla riforma Berlinguer: “Che ne è della persona?”.
Pur tenendo presente questa elemento di novità da approfondire, il quadro ideologico conservatore nel quale vuole inserirsi la riforma non mette in discussione la struttura didattico-organizzativa introdotta con la Legge sull’autonomia scolastica, che ha portato all’affermazione del modello aziendale.
Solo per ricordare alcuni dei punti più significativi, non sfuggirà che proprio la Riforma Moratti ha dato un chiarissimo impulso alla destrutturazione modulare del sistema scolastico introducendo un monte ore annuale opzionale e la figura del tutor come perno organizzativo al posto del Consiglio di classe. L’alunno viene affidato a un tutor che predispone insieme alla famiglia il suo iter scolastico personalizzato che non prevede se non in parte un gruppo classe di riferimento. Gli insegnanti titolari dei moduli diverranno semplici collaboratori dei tutor cui forniranno le certificazioni delle abilità e competenze raggiunte da inserire nel portfolio.
Il docente tutor è una figura chiave nell’organizzazione modulare e dovrà permettere di gestire la frammentazione del tempo-scuola e l’aumento delle discipline di studio introdotte dalla riforma assumendo il ruolo che fino ad ora competeva al Consiglio di classe.
Infine, anche attraverso l’introduzione del portfolio come modello per le certificazioni, la riforma Moratti non fa che seguire il sentiero già tracciato della riorganizzazione modulare.

Vedi anche: modularità; personalizzazione-individualizzazione, portfolio, tutor.