PARITÀ
Bruno Moretto, docente di Matematica e Fisica, Liceo scientifico A.B. Sabin (Bologna)

Il comma 4 dell’art. 33 della Costituzione prevede che le scuole non statali possano chiedere la parità. Esso prescrive che la legge “ nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali”.
Tale comma è preceduto dal famoso comma 3 “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.”
Il patto costituzionale garantisce pertanto la libertà di istituire scuole di qualunque impostazione ideologica e religiosa, senza intromissioni o sostegni da parte dello Stato, limitando il trattamento paritario al percorso scolastico degli studenti.
L’equivalenza di trattamento degli studenti delle scuole paritarie ha comportato per 50 anni la loro possibilità di seguire gli studi e sostenere gli esami finali presso tali strutture, garantendo la parità dei titoli di studio, previa verifica finale nei vari gradi da parte di una commissione di docenti della scuola statale
Con la legge n. 10 del 2000 la allora maggioranza di centro sinistra stravolge tale impostazione, istituendo un sistema nazionale di istruzione del quale fanno parte le scuole statali e le scuole paritarie private e degli enti locali.
L’idea di fondo è quella di garantire alle scuole private i diritti delle scuole statali, in cambio di regole. Le regole vanno dalla presenza di personale abilitato, alla necessità di corsi completi, alla accettazione di ogni studente lo chieda.
I diritti consistono nella possibilità di avere commissioni d’esame proprie e nella previsione per gli alunni delle private di buoni scuola paritari per il sostegno delle spese scolastiche.
La legge aumenta comunque in modo consistente le cifre previste a favore delle scuole materne ed elementari private per la loro attività di supplenza e assistenza e apre la strada ai finanziamenti alle scuole medie..
Formalmente non finanzia in conseguenza della parità, ma di fatto apre la stagione dei finanziamenti statali, che si vanno ad aggiungere a quelli portati avanti dalle Regioni e dagli Enti locali negli anni 90.
Oggi si può stimare nel complesso un’erogazione di fondi pubblici attorno ai 2.500 miliardi di vecchie lire all’anno. Le scuole materne private dell’Emilia Romagna ricevono ad esempio circa 50 milioni di fondi pubblici per classe all’anno.
La legge apre un processo che tende a favorire la crescita di un consistente settore privato, a scapito dello stravolgimento delle funzioni della scuola pubblica statale.
Il processo di smantellamento del sistema scolastico costituzionale viene poi portato avanti dal Governo di centro destra con alcune idee guida:
1. la privatizzazione dell’offerta scolastica pubblica, le cui finalità non sono più istituzionali, ma vengono consegnate alla scelta delle famiglie, del tessuto economico territoriale, delle Regioni;
2. l’eliminazione del valore legale del titolo di studio. La Costituzione garantisce la presenza di scuole statali gratuite su tutto il territorio nazionale in grado di assicurare una uguaglianza di fondo nell’offerta e nei risultati. Il passaggio ad sistema “competitivo” e a pagamento produrrebbe la diversificazione dell’offerta a scapito dei ceti più disagiati, ribaltando l’impostazione costituzionale che ha affidato alla scuola il compito “ di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economico e sociale del Paese”. L’introduzione della commissione d’esame con membri tutti interni è il primo passo in questa direzione. La ripresa dei diplomifici il primo effetto.
Un sistema scolastico privatizzato non solo emarginerà ampi strati di popolazione, ma condannerà il nostro paese alla subalternità culturale.
Il ritardo con cui solo nel 1948 viene istituita la scuola pubblica statale ha comportato che ancora oggi il numero dei diplomati italiani si collochi decisamente sotto la media dei paesi più sviluppati (nella fascia di età 25-64 la percentuale italiana è del 43% contro il 64%).
La scuola statale è stata in grado di triplicare in 30 anni tale numero, portandolo dal 22% della fascia d’età 55-64 al 57% della fascia 25-34 e di ridurre in modo consistente la forbice.
I risultati raggiunti nelle prove internazionali dagli studenti delle scuole statali, che sono nettamente migliori di quelli delle scuole private e in linea con quelli dei paesi più sviluppati, dimostrano il buon livello del nostro sistema pubblico.
La strada della parità si sta rivelando il cavallo di Troia per lo smantellamento del sistema scolastico costituzionale.
Lo scambio regole-diritti si è rivelato impraticabile in considerazione del nostro dettato costituzionale, che garantisce alle scuole private “piena libertà”. Ciò ha di fatto reso impossibile fare i controlli sulla qualità, che comunque sono sempre stati rifiutati dalle private.
Occorre allora rilanciare l’impostazione costituzionale, che prevede la separazione fra il sistema statale e quello privato, che ha fini confessionali o ideologici o di lucro.
Rifiutare questa “parità” non vuol dire solo rifiutare i finanziamenti alle scuole private, vuol dire soprattutto difendere la centralità della Scuola della Repubblica, la scuola di tutti e per tutti, ugualitaria, laica e democratica.

Vedi anche: mercificazione dell'insegnamento,