APPRENDISTATO
Alessandra Bertotto (Venezia)

La legge Moratti prevede per la scuola superiore due canali ben distinti, falsamente posti sullo stesso piano: il sistema dei licei, durata 5 anni, e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale, durata 4 anni, per conseguire titoli e qualifiche professionali di differente livello.
Ma dalla legge e ancor più dal decreto sul diritto-dovere all’istruzione e alla formazione per 12 anni (ancora in bozza) si vede chiaramente che per l’adempimento di questo diritto-dovere è previsto un terzo canale: l’apprendistato.
Infatti la legge Moratti riprende l’obbligo scolastico e formativo previsto dalla legge 144 del 1999, legge del centrosinistra, che, come in molti altri casi, ha aperto la strada a norme peggiori.
In questa legge si prevede l’obbligo scolastico o formativo fino a 18 anni, che può essere assolto in percorsi anche integrati di istruzione e formazione:
a) nel sistema dell’istruzione scolastica
b) nel sistema della formazione professionale regionale
c) nell’apprendistato.
Nella bozza di decreto sul diritto-dovere, applicativo della legge Moratti, vengono riconosciuti come espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione a partire dai 15 anni di età i periodi svolti nell’apprendistato, previsti dal decreto 276/03 applicativo della Legge 30 (Legge Biagi) sul mercato del lavoro.
Il contratto di apprendistato è suddiviso in due fasce distinte:
a) per i lavoratori con una età inferiore ai 18 anni
b) per i lavoratori con un’età superiore.
Tale forma di assunzione consente una drastica riduzione della retribuzione (l’inquadramento dell’apprendista può essere inferiore di “non più” di due livelli alla sua mansione) ed un quasi azzeramento della quota contributiva a carico dei datori di lavoro. Si prevedono inoltre incentivi a favore delle imprese.
Il contratto di apprendistato ha una durata minima di due anni e massima di sei. Alla fine del periodo è prevista la facoltà del datore di lavoro di licenziare l’apprendista.
Gli apprendisti sono esclusi dal numero dei dipendenti. Quindi ad esempio per un’azienda che ha un numero di dipendenti fino a 15 e per questo motivo non deve applicare lo Statuto dei lavoratori, è senza dubbio conveniente assumere apprendisti (la battaglia sull’art.18 insegna).
La formazione può essere interna o esterna all’impresa. Nella legge del 1999 poteva essere solo esterna. Ora la possibile formazione interna fornisce ancor meno strumenti di controllo.
Non viene precisata la quantità delle ore di formazione (la decisione spetta alle Regioni). Nella legge del 1999 erano previste 240 ore di formazione all’anno, quantità decisamente ridicola, se si pensa che un bambino della scuola elementare frequenta 1000 ore all’anno, anche con la riforma. Ora non ci sono più neppure queste.
Ma gli apprendisti in realtà frequentano il corso di formazione?
Solo un esempio: in Provincia di Venezia su 8.000 contratti di apprendistato solo 3000 apprendisti hanno frequentato un corso di formazione. Proprio questo rivela l’inganno del decreto sul diritto dovere.
L’apprendistato è una non scuola. Come ora ci sarà chi andrà a scuola fino a 18 anni e oltre, ma ai ragazzi che a 15 anni scelgono il lavoro (poco qualificato, poco pagato, precario) questa legge non impone di tornare sui banchi di scuola, perché il semplice fatto di lavorare come apprendista viene considerato espletamento del diritto-dovere e dà crediti spendibili nella scuola.
Si va ben aldilà della valenza formativa del lavoro. La scuola diventa impresa e l’impresa diventa scuola: sono direttamente i datori di lavoro che “formano” anche culturalmente la propria forza lavoro.
Permane anche il problema di un anno “vuoto”, conseguente all’abrogazione della legge del 1999, che prevedeva l’innalzamento dell’obbligo a 15 anni in via transitoria, 16 a regime.
Infatti l’accesso all’apprendistato è previsto dalla legge a 15 anni e la scuola di 1° grado termina a 14. Cosa faranno quei ragazzi che non si iscrivono né al liceo, né alla istruzione/formazione professionale? Si pensa di parcheggiarli in un corso qualunque, o si presume che siano ragazzi che hanno già maturato ripetenze nel loro curricolo?
L’unica prospettiva ragionevole rimane il reale innalzamento dell’obbligo scolastico (e non “formativo”) in una scuola che sia tendenzialmente unitaria fino a 16 anni. Dopo i 18 anni o comunque negli ultimi anni delle superiori si può pensare ad un rapporto efficace con il mondo del lavoro. Efficace perché lo studente ha acquisito una cultura di base sufficientemente approfondita e critica e una certa conoscenza teorica delle materie professionali. L’apprendistato quindi ha senso solo dopo i 18 anni e non può essere sostitutivo del percorso scolastico.

Vedi anche: formazione professionale; diritto-dovere.