FORMAZIONE PROFESSIONALE
Piero Castello (Maestro Elementare, Roma)
Una fotografia
Da tre anni l’Isfol scatta una fotografia molto significativa di ciò
che è oggi la Formazione Professionale Regionale nel nostro paese.
Le due tabelle che seguono ci sembrano sufficientemente eloquenti.
Tab II. 11 Le strutture a disposizione della Formazione: Aule | |||
1999-00 | 2000-01 | 2001-02 | |
Da 1 a 5 aule | 57,3 | 57,3 | 55,9 |
Da 5 a 10 aule | 24,1 | 24,2 | 25,3 |
Da 11 a 15 aule | 7,7 | 7,1 | 8,3 |
Da 15 a 20 aule | 2,8 | 3,7 | 3,7 |
Da 21 a 25 aule | 1,2 | 1,3 | 1,4 |
Da 26 a 30 aule | 0,8 | 0,7 | 1,3 |
Oltre 30 aule | 2,3 | 2,2 | 2,6 |
Fonte: Isfol, Terza rilevazione sull’offerta di formazione professionale in Italia |
Le Strutture sono evidentemente nella gran maggior parte inesistenti ed aleatorie, oltre l’80% non supera le 10 aule, si potrebbe dire che equivalgono ad appartamenti di civile abitazione anziché edifici destinati alla gestione e all’erogazione di servizi educati collettivi.
Tab. II. 14 – Il personale della
Formazione Professionale |
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Gli addetti complessivi della
formazione professionale |
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1999-00 | 2000-01 | 2001-02 | |
Risorse interne (con contratto di dipendenza) | 22.953 | 19.374 | 20.997 |
Risorse esterne( Consulenti, Collaboratori) | 35.116 | 33.475 | 35.520 |
Totale | 47.184 | 42.310 | 56.517 |
Risorse esterne per ogni unità risorsa interna | 1,5 | 1,7 | 1,7 |
Gli addetti impegnanti nelle
attività formative |
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Risorse interne (con contratto di dipendenza) | 14.028 | 11.433 | 12.432 |
Risorse esterne (Consulenti, Collaboratori) | 33.156 | 30.877 | 32.667 |
Totale | 47.184 | 42.310 | 45.099 |
Risorse esterne per ogni unità di risorsa interna | 2,4 | 2,7 | 2,6 |
Fonte: Isfol – Terza rilevazione sull’offerta di formazione professionale in Italia. |
Il personale che lavora nella Formazione professionale Regionale
è per la stragrande maggioranza precario, per ogni lavoratore “dipendente”
ce ne sono 1,7 collaboratori o consulenti esterni, rapporto che cresce tra
il personale docente a 2,6 esterni per ogni interno. Ma la precarietà
dilaga anche tra i lavoratori dipendenti interni: tra i 20.000 “fortunati”
solo il 57% ha un regolare contratto regolato dal Contratto Nazionale (non
si sa quanti a tempo indeterminato e quanti a tempo determinato), il resto
può avere contratti di settori diversi o ...proprio non averne.
Il Carattere aleatorio, estemporaneo ...inaffidabile di tutta la “baracca”
è assolutamente evidente.
L’incredibile è che lo stesso Isfol sembra valutare tutta questa
inconsistenza e precarietà come un segnale di efficienza e “flessibilità
per l’erogazione delle attività corsuali”.
La continuità tra Berlinguer e Moratti: il
ruolo della Formazione Professionale
Il segno più forte della continuità tra il progetto Berlinguer
- De Mauro e quello della Moratti di riforma dei cicli scolastici è
costituito dal fatto che in entrambi i progetti era ed è prevista l’ampia
devoluzione del sistema scolastico nazionale alla Formazione professionale
regionale.
In realtà non si tratta solo di una identità tra ministri di
diversa sponda ma, verrebbe da dire, di una identica filosofia ispiratrice
di entrambi gli schieramenti.
La mancanza di argomentazioni, di analisi e motivazioni a sostegno di questa
politica ha come causa probabile il fatto che in entrambi gli schieramenti
la "scelta" era imposta dal diktat della Confindustria, la quale
ha sempre reclamato a gran voce prima e poi applaudito sia Berlinguer che
la Moratti per aver finalmente valorizzato "la seconda gamba" del
sistema formativo del nostro paese: la negletta Formazione professionale regionale.
Non è possibile in una sola volta colmare il deficit di analisi e riflessione
ma si vogliono dare qui alcune coordinate per una ricerca di lunga lena.
La debacle della Formazione Professionale Regionale
A giugno del 2001 Giorgio Allulli sul Sole 24 ore denunciava: "Com’è
noto, dopo il passaggio delle competenze sulla formazione professionale alle
Regioni è rimasto in Italia un doppio binario di preparazione alla
professione al termine della scuola media. Da una parte infatti ha continuato
a svilupparsi l'offerta formativa degli Istituti Professionali di Stato, i
quali, forti della loro impostazione modulare (3 anni per la qualifica + 2
per il diploma) e degli standard riconosciuti del sistema scolastico, hanno
attratto un'utenza sempre più vasta. Dall'altra ha cercato di sviluppare
una propria identità l'offerta di formazione professionale regionale,
la cui maggiore flessibilità consentiva di andare incontro alle esigenze
dei ragazzi meno portati verso un insegnamento di tipo scolastico, ma subiva
l'handicap di uno scarso riconoscimento a livello nazionale. Successivamente,
mentre per diversi motivi l'offerta dei corsi regionali si è andata
riducendo (dal '91 al '98 gli iscritti sono scesi da 190.000 a 95.000) quella
degli Istituti Professionali di Stato, pur consolidandosi in termini quantitativi,
ha subito una deriva di tipo licealizzante, per almeno due fattori concomitanti:
- una lettura troppo generalista dei bisogni formativi espressi dai giovani
della società e delle imprese […].
- La restrizione progressiva dell'insegnamento delle materie più squisitamente
professionalizzanti […]”
Il senso di tutte queste affermazioni è che l'Istruzione Professionale
di Stato è stata sleale: ha funzionato meglio, ha raccolto più
credito tra i giovani e i genitori, ha preparato di più e meglio, ha
aumentato la formazione culturale di base a detrimento di quella precocemente
professionalizzante e rapidamente obsoleta etc. Sembra inutile ogni ulteriore
commento.
La riforma negata rinnegata o rimossa?
In un'epoca in cui le uniche "riforme" che hanno udienza e palcoscenico
sono le "controriforme" “alla Berlinguer” e “alla
Moratti” i cambiamenti veri, "strutturali", quelli che cambiano
la vita di milioni di persone passano sotto silenzio e rischiano di essere
annegati prima che il Paese ne prenda coscienza. Soprattutto se si tratta
di riforme attuate dal basso: i giovani, le famiglie, l'intera scuola sono
stati protagonisti di cambiamenti nella scuola e nella scolarizzazione di
massa per i quali in altri paesi europei sono state pensate, programmate e
realizzate politiche scolastiche mirate e per le quali, negli ultimi 20 anni,
si sono messe a disposizione ingenti risorse.
Per descrivere questa enorme riforma possiamo usare i dati del Rapporto Isfol
2003 e le parole del Rapporto Isfol 2002 che descrivono ottimamente il fenomeno.
"[…] una volta completato il ciclo della scuola media, la prosecuzione
almeno per un anno nel grado superiore di istruzione scolastica è un
dato pressoché generale; sulla base dei dati stimati dal MIUR, nell'ultimo
anno scolastico (e con gli effetti della riforma ormai in pieno dispiegarsi),
il passaggio dalla scuola media a quella secondaria si è attestato
sul 99,3 %. In realtà negli anni scolastici precedenti questo indicatore
aveva segnalato un accesso alla scuola secondaria superiore sempre più
consistente in termini percentuali, tanto da risultare sopra il 90% almeno
a partire dall'anno scolastico 1992/93 e continuando a crescere ininterrottamente
nelle annualità seguenti. Il tasso di passaggio alla scuola secondaria,
oltre a segnalare in modo statico il maggiore ingresso di giovani nel grado
di scuola considerato, se viene visto in serie storica, cioè dinamicamente,
permette anche di apprezzare la notevole accelerazione che il processo di
scolarizzazione ha conosciuto in Italia nell'ultimo decennio dello scorso
secolo: nel 1980/81 si iscriveva alla scuola secondaria l'82,2 % dei neolicenziati
di scuola media; nel 1990/91 il valore era salito del 3,7 %, attestandosi
all'85,9 %; nel 2000/01 il tasso di passaggio era salito al 100,5% con un
incremento del 15% rispetto a 10 anni prima." (Rapporto Isfol 2002 pag.142)
Tab.II.1 – Evoluzione degli
indicatori di scolarizzazione |
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1990-91 | 1998-99 | 1999-00 | 2000-01 | 200-02 | 2002-03 | |
Tasso di passaggio alla scuola superiore | 85,9 | 93,2 | 95,5 | 100,5 | 101 | 98,7 |
Tasso di scolarità scuola secondaria superiore * | 68,3 | 82,3 | 84,1 | 86 | 88,9 | 91,1 |
Fonte: Isfol rapporto 2003 – * frequentanti in totale su giovani 14,15,16,17,18enni |
Ci sarebbe poco da aggiungere alle parole del "rapporto"
se non fosse che ai dati esposti manca la conclusione di un giudizio generale
e politico ed una valutazione articolata.
Il giudizio politico è presto dato: il Paese, i giovani, le famiglie
hanno scelto una scolarizzazione di massa o totale prossima la 100% nel sistema
scolastico esistente che è riuscito in un quadro generale stabile ad
adattarsi gradualmente al fabbisogno e alla necessaria accoglienza di un numero
crescente di studenti, anche se fluttuante per la denatalità (1981:2.400.000;
1991:2.856.000; 2001:2.609.000).
In questo clima in cui sia la riforma Berlinguer che la "controriforma
Moratti" sembrano soprattutto preoccuparsi di come devolvere alla Formazione
Professionale Regionale più del 50% del sistema scolastico delle superiori
la lettura di questi dati convalida l'unico obiettivo serio che il nostro
sistema scolastico dovrebbe darsi: Obbligo scolastico fino a 18 anni e formazione
professionale solo ed esclusivamente successiva al compimento dell'obbligo
scolastico.
Vedi anche: apprendistato,
mercificazione
dell'educazione, federalismo,
selezione
dispersione abbandono,