COLLABORATORI/TRICI – BIDELLI/E
Giovanni Briguglio (Bologna)

“E’ vergognoso che i maestri debbano entrare e uscire per la stessa porta in cui entrano e escono i bidelli. Facciamo una porta per loro”. Così si esprimeva l’insegnante di quarta classe nel Maestro di Vigevano di Mastronardi mettendo in scena la percezione del ruolo separato dei bidelli così come veniva vissuto nella scuola degli anni Sessanta. Ruolo talmente separato che era meglio sottrarlo dallo sguardo degli insegnanti, essendo troppo distanti gli status e le funzioni.
Questa condizione e percezione è stata messa in discussione e si è modificata a partire dal decennio successivo. Prima di tutto l’ingresso nella scuola delle istanze democratiche di partecipazione da parte di tutti i soggetti senza nessuna discriminazione. La novità arriva sulla spinta delle lotte per la gestione democratica della scuola. Genitori e lavoratori furono i protagonisti e l’esito fu la nascita degli organi collegiali con rappresentanza anche dei personale ausiliario. La seconda spinta a rivedere le gerarchie consolidate viene dal riconoscimento di un ruolo educativo anche al personale che non trasmette “sapere” ma che ha un ruolo importante in molti snodi della giornata scolastica e della relazione tra adulti e studenti. Questo secondo aspetto si accompagna soprattutto alla diffusione della scuola materna e dei nidi (spesso su iniziativa degli enti locali) in cui gli elementi di cura dei bambini venivano acquisendo quell’importanza che meritano nel quadro complessivo della vita scolastica.
Così, anche lessicalmente si passa dalle “bidelle” come servitrici e addette alle pulizie alle “collaboratrici scolastiche” che partecipano ad importanti momenti di cura, di relazione educativa, entrano nell’organizzazione di importanti attività scolastiche come le uscite didattiche, feste, assemblee genitori-lavoratori. In esperienze avanzate degli Enti locali si arriva ad attivare percorsi comuni di aggiornamento (centrati sulla relazione) e di partecipazione democratica (i collettivi, tuttora esistenti nei nidi bolognesi).
La quotidiana vita scolastica è ricca di momenti che coinvolgono i collaboratori in attività di cura. Prendiamo il momento del pasto; in questa attività il rapporto dei bambini con il cibo avviene con la mediazione dei collaboratori: paure, gusti diversi passano attraverso il sorriso o lo scherzo di chi serve il pasto e sdrammatizza situazioni che i bambini possono vivere anche con sofferenza. Altri momenti fondamentali sono quelli dell’emergenza: ad esempio la cura delle ferite rimediate in giardino, o cambi improvvisati in situazioni particolarmente imbarazzanti... E oltre questi momenti più evidenti, esistono tanti altri momenti di quotidianità in cui la relazione con i bambini e con le classi è certamente importante. Anche a livelli successivi di scuola, in cui il tempo di permanenza con l’insegnante subisce la dittatura della campanella, i collaboratori scolastici diventano spesso interlocutori dei tempi intermedi, prima e dopo la lezione, ai margini di essa, nelle interferenze… Non solo pulizia quindi.
Questa evoluzione negli ultimi quindici anni si è però interrotta e in molti casi ha lasciato il campo ad altre situazioni. Sono le istanze di risparmio e di privatizzazione che producono l’idea che le funzioni lavorative possono essere frammentare e redistribuite a personale esterno alla scuola. Partono le cosiddette “esternalizzazioni”: appalti di mansioni ai lavoratori delle cooperative; si interrompono le esperienze più avanzate di cooperazione didattica; partono le privatizzazioni delle mense. Nelle scuole è ormai normale la convivenza di lavoratori (statali, comunali, dipendenti di cooperative) che sono impegnati fianco a fianco nelle stesse attività di pulizia o servizio al pasto, ma che sono caratterizzati da diversi livelli di retribuzione e di diritti. Diviene sempre più difficile mantenere vive le buone abitudini di cooperazione e di relazione che erano cresciute nel recente passato.

Vedi anche: aziendalizzazione della scuola, relazione,