Una volta i precari erano i supplenti temporanei che arrivavano
in classe quando il titolare si ammalava. Eri fortunato quando ti capitava una
supplenza a cavallo delle feste di Natale o di Pasqua: venivi pagato anche per
le vacanze. Quando poi ti capitava una maternità finivi l’anno
scolastico, raggiungendo i fatidici 180 gg. di servizio, e ti pagavano pure
l’estate.
Già meno precari erano i supplenti annuali. Quando alla convocazione
in Provveditorato beccavi una supplenza annuale era il massimo, potevi programmarti
perfino le vacanze estive, con lo stipendio pagato fino al 10 settembre. Quando
diventavi supplente annuale era fatta, sarebbe stata questione di qualche anno
… l’abilitazione l’avevi presa all’ultimo concorso ordinario
ed era perlomeno oltre dieci anni che non ne facevano.
Alcuni colleghi, un po’ più anziani di me, mi hanno raccontato
che prima della legge 270/82 addirittura i supplenti annuali si chiamavano incaricati
e l’incarico annuale veniva riconfermato di anno in anno. Se facevano
le convocazioni e le nomine a fine novembre e cominciavi a lavorare ai primi
di dicembre, ti pagavano pure lo stipendio di settembre, ottobre e novembre,
pur non essendo in servizio. Una vera e propria pacchia dunque, meglio degli
insegnanti di Religione, i quali, prima della recente legge che li immette in
ruolo, cessavano il rapporto di lavoro il 31 agosto ed erano riassunti il 1
settembre e comunque godevano di progressione di carriera, diritti, permessi
spettanti a tutti gli altri insegnanti.
Il periodo di precariato era dunque una sorta di tirocinio che tutti accettavano
come ineluttabile. Poi, prima o dopo, ci sarebbe stata l’agognata immissione
in ruolo mediante un concorso riservato od ordinario, un corso abilitante, una
sanatoria; insomma alla fine ti avrebbero sistemato.
Tutti i proff. ricordano con piacevole dolore gli anni di precariato: alzarsi
con il buio per raggiungere la sede più lontana della provincia e tornare
con la fame alle quattro del pomeriggio; l’entusiasmo per la telefonata
(altro che il job on call dell’attuale Legge Biagi: il “docente
squillo” precursore dell’“operaio squillo”) che ti offre
una supplenza per maternità; una tribù di ragazzini che ti accoglie
in classe per iniziare il casino … tanto c’è il supplente;
i ricorrenti ritardi di mesi nei pagamenti degli stipendi, … la migliore
gioventù insomma.
Credo che i colleghi di ruolo (hanno cambiato nome: si chiamano docenti con
contratto a tempo indeterminato) pensino che sia ancora così ... e strabuzzano
gli occhi quando dici loro che sono 22 anni che fai il precario e becchi sempre
lo stesso stipendio, senza alcuna progressione di carriera, come fosse sempre
la prima supplenza, o quando racconti che d’estate lo stipendio non lo
percepisci, o, peggio, quando sostieni che non possono votare per te alle elezioni
RSU perché sei precario … “Ma come? Conosci tutta la normativa
e poi sei mezzo sindacalista!…”.
Non ci sono più i precari di una volta! Caro collega di ruolo che non
ti chiami più così e che sei diventato un poco precario pure tu,
visto che anche tu, se diventi soprannumerario sei soggetto alla mobilità
coatta, alla cassa integrazione e al licenziamento.
Adesso, se qualcuno si ammala, deve proprio trattarsi di una malattia grave
se arriva un supplente: oltre i quindici giorni, alla secondaria. Prima ci si
arrangia, visto che ore a disposizione non ce ne sono quasi più, adesso
che le cattedre sono tutte a diciotto ore, sempre per risparmiare sui precari;
e allora si fanno entrare o uscire i ragazzini un’ora dopo o un’ora
prima, si chiede a quello di sostegno di fare il favore di portarsi in classe
pure il disabile … anche se non si potrebbe.
Se proprio la scuola è costretta a chiamare un supplente, il collega
di ruolo che attende con ansia pensando di vedersi arrivare una giovane supplente
con maglietta corta ed ombelico fuori, vede presentarsi un attempato precario
quarantacinquenne. Trattasi dei supplenti brevi, anche se ormai hanno un’età
sempre più “lunga”, i quali possono anche ammalarsi fino
ad un mese, con lo stipendio dimezzato e nei limiti della durata del contratto.
Dopo i supplenti brevi, reclutati dal Dirigente Scolastico e pagati dalla stessa
scuola tramite il budget d’istituto riservato a tal fine, vengono i supplenti
fino al termine dell’attività didattica: hanno un contratto fino
al 30 giugno, senza stipendio nei mesi estivi ovviamente, ma ci si può
arrangiare con le ferie maturate e non godute, con il T.F.R. e con l’indennità
di disoccupazione dell’I.N.P.S. (tutte cose che ti pagano generalmente
l’anno dopo). Questa tipologia di precario lavora per tutto l’anno
scolastico, conquistando gli agognati 12 punti (ora il doppio, con una recente
norma, se presta servizio in una scuola di montagna o in una piccola isola)
ed occupa una cattedra od uno spezzone del cosiddetto organico di fatto, che
sarebbe poi l’organico vero, non quello falso, determinato in base alle
pre - iscrizioni e ai numeri che escono dalle tabelle del M.I.U.R..
Dopo i supplenti fino al termine dell’attività didattica vengono
i supplenti annuali: hanno un contratto e uno stipendio fino al 31 agosto ed
occupano una cattedra di organico di diritto, che sarebbe l’organico falso,
ma sul quale avvengono trasferimenti ed immissioni in ruolo.
Uno potrebbe dire che non è possibile trattare in modo diverso, per retribuzione
e normativa, due insegnanti precari che fanno lo stesso identico lavoro, a seconda
che il posto occupato sia di organico di fatto o di diritto, ma del resto anche
un insegnante a tempo indeterminato fa lo stesso identico lavoro di un precario.
Tant’è che, con questo scherzetto di precarizzarci la vita, l’Amministrazione
risparmia mediamente in un anno, con lo sfruttamento di un supplente, oltre
7.000 €. I contratti a tempo determinato, stipulati nel 2003/’04
sono stati 210.175 (oltre un quinto del personale del comparto scuola): fate
pure il conto di quanto convenga tenerci tutti precari a vita!
Supplenti fino al termine dell’attività didattica e supplenti annuali
hanno un contratto stipulato con il D.S., uno stipendio pagato dal Ministero
del Tesoro e sono individuati dall’ex Provveditorato agli Studi (ora C.S.A.)
scorrendo le Graduatorie Permanenti costituite dagli insegnanti provvisti di
abilitazione all’insegnamento.
Queste due tipologie di supplenti hanno un bel privilegio: possono pure ammalarsi
per un mese intero con lo stipendio pieno e poi, il secondo e terzo mese, con
retribuzione dimezzata, … dopo devono assolutamente guarire.
Oltre a queste tre tipologie di precari, ce n’è un’altra,
non ancora tanto in auge, rappresentata dai prestatori d’opera, pagati
ad ore e con la ritenuta d’acconto del 20%, senza contributi previdenziali,
ferie, malattia od altri diritti. Niente paura! La Riforma Moratti prevede la
generalizzazione di questi contratti, magari per le materie cosiddette opzionali
previste nel Decreto legislativo per il primo ciclo d’istruzione.
Quella delle fasce è stata una bell’invenzione dell’ex ministro
Berlinguer, introdotta con la Legge 124/99.
Prima era tutto un po’ più semplice. C’erano le graduatorie
provinciali biennali per le supplenze, divise in abilitati e non abilitati,
e quando passavi in quella degli abilitati, per aver superato un concorso, pensavi
già di avercela fatta.
Ora pare che qualche mente malata, lassù al Ministero, abbia deciso di
farti venire il “mobbing”, la “sindrome dello scavalcamento
in graduatoria” e il “complesso delle tre fasce”. Le Graduatorie
Permanenti provinciali (476.534 iscritti, nel ‘03/’04) sono costituite
dai docenti abilitati divisi per fasce, tanto che quelli della terza fascia
sono perennemente in guerra con quelli della seconda e della prima. Divisi in
tre fasce, ma non per anzianità di servizio od altri criteri: in prima
fascia ci sono quelli del vecchio concorso per titoli, in seconda quelli che
in una certa fatidica data avevano già conseguito l’abilitazione,
in terza tutti gli altri. Tutti quanti sono in guerra con gli specializzati
S.S.I.S., che sarebbero quelli usciti dalle Scuole di Specializzazione biennali
post-lauream, i quali, tanto per rendere più accattivante l’iscrizione
a tali scuole, visto che le tasse universitarie sono altissime (un vero e proprio
business per i baroni), godono di un bonus di trenta punti, rispetto ai semplici
abilitati. Anche i Sissini, come pure i docenti delle scuole paritarie i quali,
dopo il regalo di Berlinguer con la Legge di parità, godono del punteggio
pieno (non più dimezzato) per il servizio nelle scuole private, sono
inseriti in terza fascia, provocando un accapigliamento generale tra precari.
E’ per questo che, da un po’, una lotta seria per rivendicare diritti
e dignità non si vede proprio, visto che i precari sono impegnati in
una vera e propria “guerra tra poveri” gli uni contro gli altri,
a base di ricorsi e controricorsi che fanno felici stuoli di avvocati.
Graduatorie, tabelle di valutazione dei titoli, fasce, doppi o tripli canali,
precari delle scuole di montagna (dove il punteggio ci guadagna) o delle piccole
isole, precari storici o sissini: tutto è comunque destinato al macero,
secondo i progetti della Moratti. Lo schema del D.L. d’attuazione dell’art.
5 della Riforma, quello sulla formazione degli insegnanti, prevede per i futuri
docenti la laurea specialistica per l’insegnamento (da conseguire nell’Università
del 3+2), per poi essere reclutati direttamente dal D.S. per due anni di praticantato,
con contratto di formazione, e l’eventuale assunzione a tempo indeterminato
direttamente da parte della singola istituzione scolastica. Del resto quando
si parla di scuola dell’autonomia, di scuola azienda, si presuppone che
ogni azienda (pardon il suo “preside manager”) si scelga direttamente
il proprio personale.
L’impressione è che comunque la precarizzazione aumenterà.
Andiamo verso una scuola in cui il personale stabile sarà notevolmente
ridotto rispetto ad un mare di precari? Pare proprio di si. Del resto, nella
scuola morattiana che deve addestrare i giovani alla flessibilità del
mercato, chi potranno essere gli addestratori, se non una marea di intermittenti
ricattati dall’insicurezza del reddito e della vita?
Una scuola precaria, fatta da precari per formare precari dunque.
P.S.
Dei 210.175 contratti a tempo determinato stipulati nel 2003/’04,
ben 73.211 sono relativi al personale ATA. Anche loro non se la passano tanto
bene tra graduatorie, punteggi, convocazioni e chiamate, ma questo richiederebbe
un capitolo a parte. Anche con loro la precarizzazione non scherza. Nei progetti
dell’Amministrazione c’è l’esternalizzazione del lavoro
dei bidelli mediante l’appalto dei servizi alle cooperative.
Vedi anche: gerarchizzazione,
potere,