“Nell’aule il Crocefisso
(E’ un chiodo in voi fisso)
Dei pargoli innocenti
I cuor turba e le menti.”
Giuseppe Battaglia, da Passatempi letterari
Così, nel lontano 1977, l’allora vescovo di Faenza,
che si dilettava nella pubblicazione di libri di poesie, con la passione per
la rima baciata e la metrica traballante.
Ci ritroviamo, ventisette anni dopo, a parlare e a sentire delle stesse cose.
Non è cambiato dunque nulla? No e sì. Vediamo un po’.
Non è mutato l’atteggiamento di certa Chiesa e di certa cultura,
per cui il mettere in discussione un privilegio equivale a creare delle vittime,
anziché a costruire una condizione di uguaglianza. C’è sempre
chi crede che la propria situazione debba, necessariamente, essere migliore
dell’altrui. Però oggi la cosa, ahinoi, si estrinseca a livello
ben superiore: le rimostranze si fanno persino se non è del tutto esplicito
il marchio confessionale nella Costituzione Europea e non ci si accontenta nemmeno
delle garanzie morattiane, tali da far impallidire Gentile.
E’ rimasto lo stesso anche l’oggetto simbolico del contendere, sotto
forma di crocefisso. E’ d’altra parte un classico di tante specie
viventi quello di impossessarsi dei territori con segnali forti della propria
presenza, i gatti come gli uomini. Ma altri sono coloro che vengono individuati,
a livello di massa, come antagonisti. Il vescovo in questione (è giusto
risparmiare una lettura più estesa, ma il testo completo rimane a disposizione
degli esegeti del trash) se la prendeva con radicali, anticlericali, laicisti,
femministe… in fondo con tutto ciò che s’agitava allora nella
società civile. Oggi la questione viene all’ordine del giorno come
conflitto con un genitore musulmano che vuole pari diritti, o per una classe
monoconfessionale spacciata per veicolo d’integrazione.
Rimane schiacciato, in questa situazione, proprio chi si batte contro “la
spartizione della torta”, come si trattasse, e anche qui ci sarebbe da
discutere, dell’otto per mille, rivendicando una condizione a monte, quella
del pluralismo derivante dal lasciar fuori dagli ambiti educativi i pensieri
che possano creare disparità dannose alla formazione. D’altra parte,
ciò è anche il riflesso di un mutamento che è comunque
avvenuto nel corpo sociale. Prendendo ad esempio un ambito conosciuto (la scuola
dell’obbligo nel Ravennate), si può vedere come, numericamente,
sia tutto sommato stazionario il numero degli alunni che non si avvalgono dell’irc.
Però ne è mutata strutturalmente la composizione interna: prima
si trattava di famiglie che rivendicavano la propria non appartenenza confessionale
oppure di famiglie cattoliche che reputavano fossero altri i luoghi in cui impartire
l’insegnamento religioso ai figli; ora, nella quasi totalità, si
tratta di famiglie che non scelgono l’irc perché professano un’altra
religione, Islamici, Testimoni di Geova ecc. e che quindi sono difficilmente
sensibili ad un discorso fondato sulla rivendicazione della laicità come
affermazione della Carta Costituzionale nel mondo della scuola.
Condizioni così difficili non devono portare a cedimenti od accomodamenti,
com’è spesso avvenuto, ma piuttosto ad un rilancio di questa tematica,
prima che sparisca del tutto dal sentire comune. Ecco perché le rivendicazioni
del carattere non confessionale di tutti i momenti educativi nella scuola pubblica
sono più che mai centrali, con tutto quel che ne consegue sul piano della
rimozione dei simboli trasformati in arredo permanente o della collocazione
fuori orario curricolare dell’irc.
C’è poi il terreno legale, tanto importante e inevitabile, quanto
vischioso, qualora diventi il principale.
Basterà quindi ricordare che a sostenere l’esposizione del crocefisso
stanno circolari del Ministero della Pubblica Istruzione e del Ministero degli
Interni e Regi Decreti, decisamente assai datati, che si basano sullo Statuto
Albertino , suffragati soltanto da un parere del Consiglio di Stato. Sul versante
opposto sono da considerare sei articoli della nostra Carta Costituzionale,
sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, fino ad arrivare
al più recente pronunciamento, quello del tar del Veneto in data 14 gennaio
2004, che sostiene che dovrebbero essere già state abrogate le norme
che includono il crocefisso tra gli arredi delle aule scolastiche.
Vedi anche: laicità,
religione-scienza-scuola,
intercultura