La recente delibera del Collegio docenti dell’istituto
Agnesi di Milano per l’istituzione di una classe ghetto per studenti di
religione islamica e l’intervento censorio della Ministra hanno evidenziato
la confusione esistente sul problema della laicità della scuola, già
emersa mesi or sono nelle polemiche suscitate dalla richiesta del genitore mussulmano
di togliere il crocefisso dall’aula della scuola elementare frequentata
da sua figlia. Assordante il silenzio sulla direttiva ministeriale di inserire
l’insegnamento della religione cattolica, nel quadro delle “Indicazioni
nazionali” tra le discipline obbligatorie e non nella specifica area di
quelle a richiesta degli studenti pur essendo pienamente facoltativa come recita
lo stesso Concordato craxiano del 1984 che l’ha reintrodotto..
Polemiche e anatemi, attraversano trasversalmente gli schieramenti culturali
e politici. Il crocefisso, difeso dagli integralisti cattolici, perché
emblema della religione maggioritaria, e dai leghisti, perché segno per
esorcizzare l’invasione islamica, è tollerato dai benpensanti di
sinistra perché …simbolo della sofferenza umana. La classe ghetto
aborrita dalla Lega perché incubatrice di terroristi, cancellata dalla
Ministra in nome della Costituzione, che lei stessa ha violato con la sua controriforma,
trova sostenitori insospettati, fra i quali Umberto Eco, perché favorirebbe
l’integrazione dei giovani islamici, ma non certo la loro autonomia dalla
famiglia e dalla comunità.
Si fa fatica ad orientarsi. La laicità, nata dal lungo e tortuoso percorso
di emancipazione dell’umano dal sacro, delle istituzioni pubbliche da
quelle ecclesiastiche, e dal processo di secolarizzazione nelle società
occidentali impegnate nella creazione dello stato moderno, si è immiserita
nel perdurare delle controversie tra questo e la chiesa cattolica.
In suo nome in Francia, con la legge contro l’ostentazione dei simboli
religiosi - ipocrita generalizzazione per vietare il velo alla ragazze mussulmane
–, si sono voluti mostrare i muscoli contro il pericoloso diffondersi
del “comunitarismo” nelle comunità islamiche, finora aperte
all’integrazione. Si è piegata la scuola alle esigenze di una classe
politica incapace di affrontare questo problema con le armi della libertà
e della democrazia. Si è intervenuti pesantemente ad inquinare il rapporto
dialettico che la scuola dovrebbe costruire tra spontaneità giovanile
e progetto educativo attraverso un processo relazionale finalizzato non alla
clonazione sociale, ma alla costruzione di persone libere e responsabili.
La scuola pubblica deve, infatti, garantire allo studente l’esercizio
del suo diritto a ricevere, gli strumenti culturali per orientarsi nelle sue
scelte di vita e spazi di autonomia nei confronti della famiglia, dell’ambiente
sociale, delle autorità, ma anche del gruppo etnico, religioso, associativo
in cui è inserito. Deve aiutare i giovani a diventare capaci di maturare
forti convinzioni a definire precise identità anche in dissenso con la
propria comunità, ma anche accompagnarli ad interiorizzare il principio
della loro parzialità nei confronti di quelle degli altri che hanno pari
diritto ad averne di proprie, a scoprire, ben oltre la tolleranza, la parità
legale e il riconoscimento della pari dignità dei diversi. Deve, cioè,
aiutarli a maturare il proprio sistema cognitivo per dialogare con le altrui
culture e interagire con la complessità dell’esistenza moderna
nella sua interezza e compiutezza
Da questa premessa, e non da un’astratta definizione, si può muovere
per ridefinire la laicità della e nella scuola. La scuola deve essere
la sede in cui ci si forma alla laicità, come coscienza di non poter
assolutizzare nessun credo particolare e come premessa alla “contaminazione”
e al “meticciato” tra le culture, perciò deve essere libera
dalle ingerenze delle centrali confessionali o ideologiche: chiese e partiti,
ministero e assessorati.
La scuola non è laica solo perché non concede situazioni di privilegio
a nessuna confessione religiosa e pratica il pluralismo e il multiculturalismo
- condizioni primarie irrinunciabili - ma perché fa della laicità
l’asse della sua azione educativa cui vincolare gli insegnanti quali operatori
culturali fedeli alla propria parzialità e non profeti autoreferenziali
di propri valori in cerca di proseliti, ma neppure asettici fornitori di pillole
culturali. Testimoni della problematicità del reale devono essere responsabilmente
attenti all’esigenza dei giovani di avere certezze pur consapevoli che
la scuola non può darne. Loro compito è offrire ai giovani le
coordinate metodologiche per controllare la parzialità e la precarietà
dei saperi nel quadro della storicità della condizione umana, promovendo
la fiducia nella razionalità critica e nella funzione metodica del dubbio.
Strumento e motore della ricerca scientifica, deve essere loro presentato come
criterio per orientarsi, nella costruzione della propria identità ideale
e culturale, fra relativismi e dogmatismi nell’etica, nella cultura e
nella politica, avendo come punto di riferimento i principi di solidarietà,
uguaglianza e laicità ai quali s’ispira la Costituzione repubblicana.
Vedi anche: crocifisso,
religione-scienza-scuola,
intercultura.