STUDENTI (visti da uno studente)
Alvin Palmi, studente scienze motorie (Bologna)

La figura dello studente è estremamente complessa e le sfaccettature attraverso cui analizzarla potrebbero essere infinite. Per ragioni di sintesi ne tratterò solo due che ritengo centrali: lo studente come parte di un gruppo classe e lo studente come soggetto attivo o passivo nell’organizzazione della scuola e nell’attività della classe.

Uno studente delle secondarie superiori trascorre a scuola almeno 30 ore settimanali, in cui il rapporto con i compagni di classe è costante, mentre ogni insegnante è presente in classe mediamente tra le due e le sei ore. Basterebbe questo dato a rendere evidente l’assurdità di qualunque teoria o impostazione che non consideri come centrali nella relazione didattico-educativa anche i rapporti e le dinamiche all’interno del gruppo-classe. Credo poi che l’importanza delle relazioni umane e sociali tra compagni di classe sia ben presente nei ricordi di tutti: chi non ha vissuto momenti di amicizia e solidarietà, esperienze collettive, ma anche conflitti da gestire e risolvere, o situazioni di esclusione ed emarginazione? Chi non ha vissuto nel gruppo-classe processi di maturazione e socializzazione fondamentali negli anni dell’adolescenza?
E’ nella vita di classe, inoltre, che si entra in contatto con valori quali la solidarietà, l’aiuto reciproco, la collaborazione tra pari, assai poco diffusi nel resto della società.
Ben lungi dal considerare e valorizzare il ruolo del gruppo-classe nella formazione degli studenti, le recenti riforme e proposte di riforma del mondo della scuola (dall’Autonomia Scolastica al Rapporto Bertagna e a vari altri provvedimenti del ministro Moratti) hanno avuto come denominatore comune la tendenza alla disgregazione della classe, in favore di un sistema più “flessibile”, ispirato al modello anglosassone.
L’idea portata avanti più o meno esplicitamente sia da esponenti del centro-destra sia del centro-sinistra consiste nel "superamento della vecchia e statica concezione di classe" in nome di una sistema più flessibile, con classi, interclassi e gruppi di livello e rotazione continua di studenti e insegnanti. In realtà un sistema simile metterebbe in discussione quel fondamentale bagaglio di esperienze umane che uno studente può acquisire solo nella vita di classe, senza d’altro canto fornire reali vantaggi da un punto di vista strettamente didattico. Inutile dire poi come tali progetti si inseriscano perfettamente nei disegni più complessivi di mercificazione dell’istruzione trattati in modo approfondito in altri capitoli. Un sapere mercificato, quantificato, parcellizzato, infatti, può tranquillamente essere fornito (o venduto) singolarmente ai singoli studenti, mentre se per istruzione intendiamo anche l’acquisizione di metaconoscenze, la formazione di una coscienza critica, la crescita collettiva, allora il sistema della scuola aziendalizzata e flessibilizzata mostra tutti i suoi limiti.

I problemi legati alla democrazia interna alla scuola e al ruolo degli studenti nella comunità scolastica sono stati posti con forza già dai movimenti del ’68 e, in modo ancor più radicale, da quelli del ’77. I Decreti Delegati sono stati una risposta a queste pressioni, una risposta assolutamente parziale, tesa anzi a “normalizzare” e depotenziare le istanze dei movimenti studenteschi.
La fase attuale vede da un lato una progressiva perdita di senso degli organi collegiali e in generale delle varie forme di coinvolgimento formale della componente studentesca nell’attività della scuola (le stesse Assemblee d’Istituto vengono spesso viste come giorni di vacanza!), dall’altro una serie di tentativi da parte del governo e di gran parte dei dirigenti scolastici di restringere ulteriormente i diritti degli studenti.
Al di là della sacrosanta difesa dei diritti acquisiti, credo sia importante che si crei una sinergia tra rivendicazioni degli studenti e di insegnanti e personale ATA, evitando assurde contrapposizioni. La stessa rivendicazione della pariteticità tra studenti e insegnanti nel Consiglio d’Istituto è a mio parere giusta ma non centrale. Centrale è invece la capacità di proporre e sperimentare nuovi modelli di gestione della comunità scolastica, improntate ai principi di orizzontalità e collegialità, rifiutando a tutti i livelli il concetto di gerarchia, riprendendo o reinventando forme di democrazia diretta e partecipativa, ed inserendo in questi percorsi un reale coinvolgimento della componente studentesca.
Può sembrare una scommessa persa in partenza, in un periodo in cui qualunquismo, passività e disinteresse sono estremamente diffusi tra gli studenti, ma se consideriamo tali atteggiamenti non come ineluttabili ma come conseguenza di un determinato modello di scuola (oltre che di un modello sociale e culturale dominante) è inevitabile pensare che l’unica possibile soluzione a lungo termine consista nell’affrontare con coraggio la sfida della responsabilizzazione degli studenti.

Vedi anche: studenti (visti da un insegnante) , classe (vista da una insegnante), classe (vista da una studentessa) , potere