situazione e …trattazione disperata
  … ma non sempre seria
 L’anno passato ha visto nascere e consolidarsi un movimento 
  di opposizione alla legge Moratti largo, informato, radicale, in conflitto diretto 
  con il Ministero.
  Tra gli altri soggetti presenti nel quadro mi interessa esaminare in particolare 
  l’atteggiamento di chi, politici, sindacalisti, ispettori, dirigenti (e 
  tre insegnanti e due genitori…li abbiamo contati, non sono di più 
  …) ha deciso di stare alla finestra denunciando uno scontro ideologico 
  e un’eccessiva emotività e proponendo di esaminare “tecnicamente” 
  le proposte della Moratti, li definirò Super Partes (S.P. per brevità 
  e per introdurre un gioco interattivo: ognuno può personalizzare, non 
  siate timidi/e!).
  I solerti S.P. si sono concentrati in particolare sul tutor: “se applicato 
  con buon senso” dicono, “nella scuola dell’autonomia, può 
  anche essere utile”. Questa posizione, oltre ad essere elegante, è 
  suadente per chi nella scuola è abituato a rimboccarsi le maniche e a 
  fare, comunque, il meglio possibile. Credo invece sia impossibile ragionare 
  “tecnicamente” sul tutor (il che fa sorgere dei dubbi sulla 
  buona fede dei S.P.) poiché, insieme a personalizzazione e portfolio, 
  è chiave di volta di una visione della scuola e della società 
  di impronta chiaramente gerarchica e classista. Ci propongono di ragionare di 
  una singola pietra senza tener conto che è fatta ad arte per reggere 
  l’intero arco. Ci invitano a non vedere l’ organicità del 
  tutor al disegno della Moratti (birichini).
  Facendo un passo indietro scopriamo che il governo dall’inizio si è 
  mosso a prescindere dalla scuola reale, dai soggetti, anche quelli istituzionali 
  (il CNPI per tutti) che in essa operano, non ha proposto dialogo, ha agito in 
  modo unilaterale saltando anche il rapporto con i sindacati concertativi. Da 
  qui l’opinione che sia necessario - per chi ama la scuola pubblica di 
  questo paese - prescindere da questa riforma per ricominciare a ragionare di 
  cambiamento.
  Frase riservata solo ai malfidenti (quelli/e che in cabina elettorale soffrono 
  moltissimo…ma ci vanno con convinzione): 
  Forse è anche utile ricordarci che non è pensabile una buona riforma 
  calata dall’alto, neanche se redatta da illuminati pedagogisti e tecnici 
  di una futura, e agoniata, diversa maggioranza di governo.
  Per tutti/e: Guardiamo un attimo le attrici e gli attori del forte movimento 
  anti-Moratti di quest’anno, quelli e quelle che tanto hanno scritto e 
  detto contro il tutor. Centrale è stata la voce del tempo pieno, in ogni 
  sua componente. La totalità, o quasi, dei dirigenti che hanno sentito 
  l’urgenza di opporsi alla riforma vive in contesti in cui il T.P. è 
  una realtà forte. Tutto ciò è casuale? Pare improbabile. 
  Dunque possiamo pensare che in questo segmento di scuola ci sia una pratica, 
  un modo di vivere le relazioni nella comunità educante che rende fortemente 
  consci del pericolo. Perché il T.P. .ha anticorpi, pare riconoscere il 
  morbo in arrivo?
  Molto schematicamente per due ragioni.
 Parafrasiamo ora il decreto 59 alla voce tutor tentando di 
  definirne le competenze e l’ intima essenza (art.7):
  - ha prioritaria responsabilità sull’attuazione delle finalità 
  complessive (art.5);
  - coordina le attività educative e didattiche;
  - svolge funzioni di orientamento per la scelta delle attività facoltative;
  - assicura il tutorato agli allievi;
  - cura le relazioni con le famiglie essendo garante nei confronti delle stesse 
  dell’apprendimento personalizzato di ognuno;
  - cura il portfolio di ogni alunno;
  - tali responsabilità si estendono all’intera durata del corso 
  (5 anni);
  - mette in atto tutto ciò con l’apporto dei colleghi che hanno 
  contitolarità didattica (“fatta salva la contitolarità didattica”);
  - assicura agli alunni un’attività di insegnamento non inferiore 
  alle 18 ore;
  -è formato per fare tutto ciò (questo è un passaggio 
  oscuramente ontologico).
  Il testo è identico per elementari e medie…e la scuola dell’infanzia? 
  (Non faremo mica fare cose così importanti alle maestrine delle materne, 
  suvvia!)
  Riannodando il filo del discorso: il T.P. nasce e vive di rapporti orizzontali. 
  Nella ricerca di un essere scuola in cui tutti/e hanno pari valore esso crea 
  lo spazio per il rispetto della singola persona, la possibilità di percorsi 
  vicini all’unicità dell’essere; tutto ciò nel testo 
  ministeriale viene risolto con una bella piramide gerarchica, con la nefandezza 
  aggiuntiva di farlo e smentirlo contemporaneamente: “fatta salva la contitolarità 
  didattica dei docenti” appunto.
  Mi tornano in mente le pagine dei sussidiari sull’organizzazione sociale 
  degli antichi Egizi oppure sul feudalesimo… vassalli, valvassori, valvassini… 
  (utilizzabile come mantra).
  Chiarito che tutor e T.P. sono antitetici passiamo alla scuola elementare cosiddetta 
  “a modulo”. A questo modello si imputa eccessiva secondarizzazione, 
  tempi ristretti e frammentati, poca attenzione alla globalità del bambino, 
  poca unitarietà nel progetto educativo (documenti accompagnatori della 
  legge 53/2003). Da questa analisi si fa derivare la necessità del cambiamento, 
  la “cura” per il Ministero consiste in tutor, personalizzazione, 
  portfolio (gocce, pastiglie, capsule… altro… a seconda del peso).
  Alcune delle critiche ai moduli sono certamente fondate, solo che il rimedio 
  sembra totalmente incongruente. Invece di tentare di innescare occasioni di 
  riflessione e di confronto si preferisce azzerare il modello. Come se il tutor 
  garantisse “nella carne” (un corpo solo) un progetto educativo 
  coerente, come se ad un bambino con impaccio motorio da mancanza di coordinazione 
  si consigliasse di tagliare alcuni arti (braccio e gamba sinistra, quelli 
  del diavolo...)
  Si buttano via così:
  - il lavoro di approfondimento disciplinare dei docenti... in effetti forse 
  non indispensabile vista la voglia di sostituire i programmi vigenti con le 
  Indicazioni… meglio sapere poco dovendoli attuare!
  - il lavoro specifico sulla relazione tra insegnanti che ha avuto per molti/e 
  costi personali assai elevati dovendo trovare strumenti per uscire dalla dimensione 
  dell’onnipotenza del maestro unico e confrontarsi paritariamente con altri/e.
  Insomma lo sviluppo della persona, che tanto preme al Ministro, viene garantito 
  dalla presenza di supermaestri che dovrebbero riuscire dove i molti hanno fallito. 
  Se avete presente le classi reali è evidente che la formazione dei tutor 
  verterà sullo sviluppo delle capacità paranormali: lettura del 
  pensiero, imposizione delle mani, fusione dell’aura.
  O forse questa è una visione romantica e bisogna piuttosto pensare che 
  l’introduzione del tutor negli ultimi anni avviene prioritariamente nelle 
  aziende e poi nella formazione professionale… (speriamo ci diano anche 
  il grembiule con il logo).
  Il discorso sui moduli può essere esteso anche alla scuola media dove 
  però avrebbe bisogno di ulteriore approfondimento: anche qui, di fronte 
  a reali domande inevase si risponde proponendo capi.
  Per finire un accenno di sfuggita al fatto che il Ministro decida di introdurre 
  per decreto una figura che attiene alla contrattazione con le parti sociali, 
  facendo così strame del contratto collettivo di lavoro che, pur con tutti 
  i suoi limiti, ci sembra ancora uno strumento ”simpatico” di tutela 
  di lavoratori e lavoratrici.
…E per chi continua a pensare che il tutor non sia poi 
  un gran danno non resta che provare con una storia.
  C’era una volta,(…) una bambina che si chiamava Berta,la quale 
  era straordinariamente buona.(…)
  Ella faceva tutto quanto le si diceva di fare, non mentiva mai, teneva i vestiti 
  puliti, mangiava il pudding col latte come fosse torta con la marmellata, imparava 
  a perfezione le sue lezioni,era sempre cortese di modi.(…)
  Ella era tanto buona,(…) che vinse parecchie medaglie di bontà 
  e le portava sempre appuntate sul vestito. Aveva una medaglia per l’obbedienza,un’altra 
  per la puntualità e una terza per la buona condotta. Erano grandi medaglie 
  di metallo che tintinnavano urtandosi mentre ella camminava nella città 
  dove viveva, nessun altro bambino né bambina aveva tre medaglie come 
  lei, perciò tutti sapevano che ella doveva essere una bambina extra buona.(…)
  Tutti parlavano della sua bontà, e il principe di quel paese ne sentì 
  parlare anche lui e disse che se Berta era tanto buona le avrebbe permesso di 
  andare una volta la settimana a passeggiare nel suo parco, situato alle porte 
  della città. Era un bellissimo parco, e non era stato mai permesso a 
  nessun bambino di andarvi a passeggiare,così questo permesso fu un grande 
  onore per Berta.(…)
  Berta passeggiava avanti e indietro divertendosi immensamente, e tra sé 
  pensava: -Se non fossi così straordinariamente buona non mi sarebbe stato 
  permesso di venire in questo bellissimo parco e godere di tutte le cose che 
  qui vi sono da vedere-, e mentre ella camminava le tre medaglie tintinnavano 
  l’una contro l’altra e le ricordavano anche esse quanto ella fosse 
  buona davvero. Proprio in quel momento un enorme lupo capitò a girovagare 
  nel parco in cerca di qualche bel porcellino grasso per la sua cena.(…)
  Tutto color della mota, con la lingua nera e gli occhi grigio pallido che sfavillano 
  di indescrivibile ferocia. La prima cosa che vide nel parco, fu Berta; il suo 
  grembiulino spiccava tanto, così bianco e pulito, che poteva esser visto 
  da grande distanza. Berta vide il lupo, vide che veniva dalla sua parte,e cominciò 
  a desiderare che non le fosse stato permesso di venire nel parco. Prese a correre 
  più rapidamente che poteva, e il lupo si mise dietro a lei con enormi 
  balzi, enormi salti. Ella fece in modo di raggiungere un boschetto di mirti 
  e si nascose nel più folto dei cespugli. Il lupo arrivò e si mise 
  a fiutare fra i rami; la lingua nera gli ciondolava dalla bocca, e i suoi pallidi 
  occhi grigi ardevano di rabbia. Berta aveva una paura terribile, e pensava: 
  -Se non fossi stata così straordinariamente buona a quest’ora me 
  ne starei al sicuro in città-. Però,l’odore del mirto era 
  così forte, che il fiuto del lupo non riuscì a scoprire dove Berta 
  si nascondeva, e i cespugli erano così fitti che egli poté frugarvi 
  a lungo nel mezzo senza riuscire a trovarla, perciò egli riflettè 
  che sarebbe stato meglio andarsene e contentarsi di un porcellino. Berta tremava 
  nel sentire il lupo girare e fiutare così vicino a lei, e mentre ella 
  tremava la medaglia per l’ obbedienza batteva contro quella per la buona 
  condotta e quella per la puntualità. Il lupo stava per andarsene,quando 
  udì il tintinnio delle medaglie e si fermò in ascolto; le medaglie 
  tintinnarono di nuovo in un cespuglio vicinissimo a lui. Egli si scagliò 
  entro quel cespuglio, i suoi pallidi occhi grigi sfavillavano di collera e di 
  trionfo. Egli trascinò Berta e la divorò fino all’ ultimo 
  boccone. Di lei non lasciò che le scarpe, brandelli di vestiti, e le 
  tre medaglie per la bontà (…).
  da Il narratore di favole di Saki, pseudonimo di Hector Hug Munro, 
  in L'insopportabile Bassington e altri racconti, Einaudi, 1950 
Vedi anche: insegnante 
  (visto da un'insegnante), insegnante 
  (visto da uno studente), maestre, 
  portfolio, 
  relazione.