TUTOR
Gabriella Tull (Trieste)

situazione e …trattazione disperata
… ma non sempre seria

L’anno passato ha visto nascere e consolidarsi un movimento di opposizione alla legge Moratti largo, informato, radicale, in conflitto diretto con il Ministero.
Tra gli altri soggetti presenti nel quadro mi interessa esaminare in particolare l’atteggiamento di chi, politici, sindacalisti, ispettori, dirigenti (e tre insegnanti e due genitori…li abbiamo contati, non sono di più …) ha deciso di stare alla finestra denunciando uno scontro ideologico e un’eccessiva emotività e proponendo di esaminare “tecnicamente” le proposte della Moratti, li definirò Super Partes (S.P. per brevità e per introdurre un gioco interattivo: ognuno può personalizzare, non siate timidi/e!).
I solerti S.P. si sono concentrati in particolare sul tutor: “se applicato con buon senso” dicono, “nella scuola dell’autonomia, può anche essere utile”. Questa posizione, oltre ad essere elegante, è suadente per chi nella scuola è abituato a rimboccarsi le maniche e a fare, comunque, il meglio possibile. Credo invece sia impossibile ragionare “tecnicamente” sul tutor (il che fa sorgere dei dubbi sulla buona fede dei S.P.) poiché, insieme a personalizzazione e portfolio, è chiave di volta di una visione della scuola e della società di impronta chiaramente gerarchica e classista. Ci propongono di ragionare di una singola pietra senza tener conto che è fatta ad arte per reggere l’intero arco. Ci invitano a non vedere l’ organicità del tutor al disegno della Moratti (birichini).
Facendo un passo indietro scopriamo che il governo dall’inizio si è mosso a prescindere dalla scuola reale, dai soggetti, anche quelli istituzionali (il CNPI per tutti) che in essa operano, non ha proposto dialogo, ha agito in modo unilaterale saltando anche il rapporto con i sindacati concertativi. Da qui l’opinione che sia necessario - per chi ama la scuola pubblica di questo paese - prescindere da questa riforma per ricominciare a ragionare di cambiamento.
Frase riservata solo ai malfidenti (quelli/e che in cabina elettorale soffrono moltissimo…ma ci vanno con convinzione):
Forse è anche utile ricordarci che non è pensabile una buona riforma calata dall’alto, neanche se redatta da illuminati pedagogisti e tecnici di una futura, e agoniata, diversa maggioranza di governo.
Per tutti/e: Guardiamo un attimo le attrici e gli attori del forte movimento anti-Moratti di quest’anno, quelli e quelle che tanto hanno scritto e detto contro il tutor. Centrale è stata la voce del tempo pieno, in ogni sua componente. La totalità, o quasi, dei dirigenti che hanno sentito l’urgenza di opporsi alla riforma vive in contesti in cui il T.P. è una realtà forte. Tutto ciò è casuale? Pare improbabile. Dunque possiamo pensare che in questo segmento di scuola ci sia una pratica, un modo di vivere le relazioni nella comunità educante che rende fortemente consci del pericolo. Perché il T.P. .ha anticorpi, pare riconoscere il morbo in arrivo?
Molto schematicamente per due ragioni.

Parafrasiamo ora il decreto 59 alla voce tutor tentando di definirne le competenze e l’ intima essenza (art.7):
- ha prioritaria responsabilità sull’attuazione delle finalità complessive (art.5);
- coordina le attività educative e didattiche;
- svolge funzioni di orientamento per la scelta delle attività facoltative;
- assicura il tutorato agli allievi;
- cura le relazioni con le famiglie essendo garante nei confronti delle stesse dell’apprendimento personalizzato di ognuno;
- cura il portfolio di ogni alunno;
- tali responsabilità si estendono all’intera durata del corso (5 anni);
- mette in atto tutto ciò con l’apporto dei colleghi che hanno contitolarità didattica (“fatta salva la contitolarità didattica”);
- assicura agli alunni un’attività di insegnamento non inferiore alle 18 ore;
-è formato per fare tutto ciò (questo è un passaggio oscuramente ontologico).
Il testo è identico per elementari e medie…e la scuola dell’infanzia? (Non faremo mica fare cose così importanti alle maestrine delle materne, suvvia!)
Riannodando il filo del discorso: il T.P. nasce e vive di rapporti orizzontali. Nella ricerca di un essere scuola in cui tutti/e hanno pari valore esso crea lo spazio per il rispetto della singola persona, la possibilità di percorsi vicini all’unicità dell’essere; tutto ciò nel testo ministeriale viene risolto con una bella piramide gerarchica, con la nefandezza aggiuntiva di farlo e smentirlo contemporaneamente: “fatta salva la contitolarità didattica dei docenti” appunto.
Mi tornano in mente le pagine dei sussidiari sull’organizzazione sociale degli antichi Egizi oppure sul feudalesimo… vassalli, valvassori, valvassini… (utilizzabile come mantra).
Chiarito che tutor e T.P. sono antitetici passiamo alla scuola elementare cosiddetta “a modulo”. A questo modello si imputa eccessiva secondarizzazione, tempi ristretti e frammentati, poca attenzione alla globalità del bambino, poca unitarietà nel progetto educativo (documenti accompagnatori della legge 53/2003). Da questa analisi si fa derivare la necessità del cambiamento, la “cura” per il Ministero consiste in tutor, personalizzazione, portfolio (gocce, pastiglie, capsule… altro… a seconda del peso).
Alcune delle critiche ai moduli sono certamente fondate, solo che il rimedio sembra totalmente incongruente. Invece di tentare di innescare occasioni di riflessione e di confronto si preferisce azzerare il modello. Come se il tutor garantisse “nella carne” (un corpo solo) un progetto educativo coerente, come se ad un bambino con impaccio motorio da mancanza di coordinazione si consigliasse di tagliare alcuni arti (braccio e gamba sinistra, quelli del diavolo...)
Si buttano via così:
- il lavoro di approfondimento disciplinare dei docenti... in effetti forse non indispensabile vista la voglia di sostituire i programmi vigenti con le Indicazioni… meglio sapere poco dovendoli attuare!
- il lavoro specifico sulla relazione tra insegnanti che ha avuto per molti/e costi personali assai elevati dovendo trovare strumenti per uscire dalla dimensione dell’onnipotenza del maestro unico e confrontarsi paritariamente con altri/e.
Insomma lo sviluppo della persona, che tanto preme al Ministro, viene garantito dalla presenza di supermaestri che dovrebbero riuscire dove i molti hanno fallito. Se avete presente le classi reali è evidente che la formazione dei tutor verterà sullo sviluppo delle capacità paranormali: lettura del pensiero, imposizione delle mani, fusione dell’aura.
O forse questa è una visione romantica e bisogna piuttosto pensare che l’introduzione del tutor negli ultimi anni avviene prioritariamente nelle aziende e poi nella formazione professionale… (speriamo ci diano anche il grembiule con il logo).
Il discorso sui moduli può essere esteso anche alla scuola media dove però avrebbe bisogno di ulteriore approfondimento: anche qui, di fronte a reali domande inevase si risponde proponendo capi.
Per finire un accenno di sfuggita al fatto che il Ministro decida di introdurre per decreto una figura che attiene alla contrattazione con le parti sociali, facendo così strame del contratto collettivo di lavoro che, pur con tutti i suoi limiti, ci sembra ancora uno strumento ”simpatico” di tutela di lavoratori e lavoratrici.

…E per chi continua a pensare che il tutor non sia poi un gran danno non resta che provare con una storia.
C’era una volta,(…) una bambina che si chiamava Berta,la quale era straordinariamente buona.(…)
Ella faceva tutto quanto le si diceva di fare, non mentiva mai, teneva i vestiti puliti, mangiava il pudding col latte come fosse torta con la marmellata, imparava a perfezione le sue lezioni,era sempre cortese di modi.(…)
Ella era tanto buona,(…) che vinse parecchie medaglie di bontà e le portava sempre appuntate sul vestito. Aveva una medaglia per l’obbedienza,un’altra per la puntualità e una terza per la buona condotta. Erano grandi medaglie di metallo che tintinnavano urtandosi mentre ella camminava nella città dove viveva, nessun altro bambino né bambina aveva tre medaglie come lei, perciò tutti sapevano che ella doveva essere una bambina extra buona.(…)
Tutti parlavano della sua bontà, e il principe di quel paese ne sentì parlare anche lui e disse che se Berta era tanto buona le avrebbe permesso di andare una volta la settimana a passeggiare nel suo parco, situato alle porte della città. Era un bellissimo parco, e non era stato mai permesso a nessun bambino di andarvi a passeggiare,così questo permesso fu un grande onore per Berta.(…)
Berta passeggiava avanti e indietro divertendosi immensamente, e tra sé pensava: -Se non fossi così straordinariamente buona non mi sarebbe stato permesso di venire in questo bellissimo parco e godere di tutte le cose che qui vi sono da vedere-, e mentre ella camminava le tre medaglie tintinnavano l’una contro l’altra e le ricordavano anche esse quanto ella fosse buona davvero. Proprio in quel momento un enorme lupo capitò a girovagare nel parco in cerca di qualche bel porcellino grasso per la sua cena.(…)
Tutto color della mota, con la lingua nera e gli occhi grigio pallido che sfavillano di indescrivibile ferocia. La prima cosa che vide nel parco, fu Berta; il suo grembiulino spiccava tanto, così bianco e pulito, che poteva esser visto da grande distanza. Berta vide il lupo, vide che veniva dalla sua parte,e cominciò a desiderare che non le fosse stato permesso di venire nel parco. Prese a correre più rapidamente che poteva, e il lupo si mise dietro a lei con enormi balzi, enormi salti. Ella fece in modo di raggiungere un boschetto di mirti e si nascose nel più folto dei cespugli. Il lupo arrivò e si mise a fiutare fra i rami; la lingua nera gli ciondolava dalla bocca, e i suoi pallidi occhi grigi ardevano di rabbia. Berta aveva una paura terribile, e pensava: -Se non fossi stata così straordinariamente buona a quest’ora me ne starei al sicuro in città-. Però,l’odore del mirto era così forte, che il fiuto del lupo non riuscì a scoprire dove Berta si nascondeva, e i cespugli erano così fitti che egli poté frugarvi a lungo nel mezzo senza riuscire a trovarla, perciò egli riflettè che sarebbe stato meglio andarsene e contentarsi di un porcellino. Berta tremava nel sentire il lupo girare e fiutare così vicino a lei, e mentre ella tremava la medaglia per l’ obbedienza batteva contro quella per la buona condotta e quella per la puntualità. Il lupo stava per andarsene,quando udì il tintinnio delle medaglie e si fermò in ascolto; le medaglie tintinnarono di nuovo in un cespuglio vicinissimo a lui. Egli si scagliò entro quel cespuglio, i suoi pallidi occhi grigi sfavillavano di collera e di trionfo. Egli trascinò Berta e la divorò fino all’ ultimo boccone. Di lei non lasciò che le scarpe, brandelli di vestiti, e le tre medaglie per la bontà (…).

da Il narratore di favole di Saki, pseudonimo di Hector Hug Munro, in L'insopportabile Bassington e altri racconti, Einaudi, 1950

Vedi anche: insegnante (visto da un'insegnante), insegnante (visto da uno studente), maestre, portfolio, relazione.