Attorno al termine “personalizzazione” si raccoglie
una costellazione di richiami, rimandi, allusioni, distinzioni che costituiscono
il nucleo concettuale più importanti della “riforma” Moratti.
Il termine compare come sostituto metodologico alla “vecchia” individualizzazione,
nella definizione ufficiale dei Piani di studio collegati alle Indicazioni Nazionali,
come cornice all’opzionalità delle ore nella scuola primaria e
secondaria di primo grado. “Personalizzare” è poi il fulcro
attorno a cui si muovono numerosi elementi di novità (famiglia, portfolio,
tutor, anticipo). Persona è infine il riferimento filosofico-lessicale
che compare o aleggia in gran parte del dibattito pedagogico.
Di fronte a questo uso massiccio ed inedito del termine è utile vedere
come viene usato e cosa intendono con esso gli estensori della riforma.
I punti di riferimento ideologici dei mutamenti degli ultimi anni hanno due
baricentri: la tecnocrazia aziendalistica delle “tre i” e una tradizione
del pensiero cattolico declinata in modi particolarmente conservatori. Il riferimento
alla “persona” fa parte di questo secondo polo. Per Bertagna e il
suo staff “persona” è il termine scelto per identificare
il soggetto pieno, completo, irriducibile, unico ed inesauribile; su un gradino
più basso l’individuo (per cui era stata costruita la vecchia scuola
di massa) si dibatterebbe tra materia e sentimento, privo sia di razionalità
che di consapevolezza. Apartire da questa rozza dicotomia nella progettazione
scolastica emerge l’invito ad abbandonare l’individualizzazione
perché “uniforma”, dà “a tutti, sebbene in modo
diverso, lo stesso, che è uguale e ripetibile”, mentre la personalizzazione
“apre, accresce, libera, moltiplica l’affermazione personale di
ciascuno”, dà “a ciascuno il proprio, che è unico
e irripetibile”.
Ovviamente questo capovolgimento di prospettiva comporta estesi mutamenti di
lessico: dai Programmi alle Indicazioni Nazionali, dalle Unità Didattiche
alle Unità di Apprendimento, dagli Obiettivi Didattici agli Obiettivi
Formativi, ecc. In questa volontà di rinominare ogni prassi scolastica
si uniscono questioni di egemonia di scuole pedagogiche, l’esigenza di
lanciare evidenti collegamenti con aree della riflessione filosofica (il personalismo
cristiano), la volontà di mostrare l’esistenza di un progetto complessivo
anche dove gran parte delle scelte sono in realtà dipendenti da vincoli
di bilancio.
Ciononostante l’operazione ha una coerenza logica che credo emerga man
mano che ci si cala nelle reali trasformazioni.
Partiamo dalla programmazione. Così Bertagna: “Tenuto conto delle
capacità attualmente disponibili di un certo alunno, delle sue motivazioni,
bisogni, interessi, ecc., si può pensare di curvare la scelta delle conoscenze
e delle abilità, e relative delle attività, ai bisogni formativi
diversificati di questo alunno, mantenendo ferma l’unità del compito
di apprendimento. Così, per alcuni si dovrà di insistere su abilità
considerate motivanti e strategiche; per altri di ridurre il carico di conoscenze
e abilità non strettamente necessarie; per altri ancora di arricchire
la composizione dell’intero di apprendimento, ecc.” In nome del
rispetto della persona si propone una vera e propria rinuncia a presentare curricoli
unitari e contenuti comuni. L’adesione alle caratteristiche diverse dei
singoli allievi diventa il motivo per rinunciare ad operare sulla metodologia,
sugli stili di apprendimento e di insegnamento (con procedimenti propri della
individualizzazione): il nuovo corso diversifica le attività (e conoscenze
e abilità) riducendo o arricchendo la composizione del precorso di apprendimento.
Se tale pratica poteva rendersi utile in contesti particolari, porla a fondamento
della definizione di tutti i percorsi di insegnamento della scuola personalizzante
significa porre le premesse per un “sereno” abbandono dei meno “capaci”
a percorsi più poveri e per la coltivazione di percorsi virtuosi per
i “talenti”. Si propone quindi un quadro del lavoro di programmazione
didattica che abbandoni la prospettiva egualitaria per l’offerta differenziata
in base alle caratteristiche degli allievi.
Ma personalizzazione è un termine ampio, che si riferisce anche a scelte
organizzative che vanno oltre e affiancano sinergicamente questa svolta nella
progettazione didattica. Il termine assume quindi una valenza d’insieme
che collega molte innovazioni cruciali. Vediamo queste novità una ad
una.
La scuola tende a diventare un servizio a domanda individuale e il tutor coordina
questa offerta. In questa direzione va l’istituzione delle ore opzionali
e facoltative che devono incontrare la domanda dei genitori facendo scegliere
loro già a partire dall’età di 5 anni e mezzo parti del
percorso formativo scolastico). Queste ore scompongono il gruppo classe in gruppi
formati in base alle scelte dei genitori.
Nella stessa direzione va anche l’istituzione dell’anticipo e il
superamento della classe omogenea per età come elemento base dell’organizzazione
scolastica. Fino ad oggi l’apertura delle classi partiva da esigenze profondamente
diverse: sia in senso orizzontale che in senso verticale nasceva da un progetto
finalizzato in gran parte alla socializzazione e manteneva nella classe il punto
di riferimento forte: si apriva la classe, ma poi si ritornava ad essa. Nella
scuola della personalizzazione la classe omogenea non c’è più
per lasciare il posto a quella disomogenea per età, in nome dell’
“eterocronia dello sviluppo della persona”; inoltre anche la classe
disomogenea si scompone per quantità consistenti del tempo scuola. Le
tendenze di sviluppo possibili, in prospettiva, guardano alla non graded school,
magari in nome di un Don Milani capovolto: “Non c’è cosa
più ingiusta che far parti uguali tra diseguali” (citato da Bertagna
agli “Stati generali” del 2001).
Il ritornello della centralità della famiglia (al singolare) nella “riforma”
Moratti si può trovare dai manifesti elettorali fino sull’ultimo
dei documenti pedagogici. I dati incontrovertibili su cui si basa sono l’istituzione
dell’anticipo, l’istituzione delle ore opzionali e facoltative e
l’istituzione del portfolio (nella cui compilazione la famiglia è
coinvolta). Anche qui le innovazioni sono profonde: non sono più i genitori
(plurale) che insieme partecipano alla scuola portando le loro istanze e confrontandosi
negli organi collagiali, ma sono le singole famiglie che esprimono richieste
didattiche per i propri figli cui il sistema della scuola pubblica, in nome
dell’autonomia [sic] e attraverso la flessibilità didattica e organizzativa,
risponde offrendo percorsi personalizzati.
Evidentemente questo discorso, nella realtà attuale, si rivela solamente
un manto ideologico che riesce a coprire esclusivamente i livelli più
bassi di questa domanda: anticipo, qualche materia aggiuntiva da pescare nel
mondo della libera professione docente… Dove tale richiesta individuale
dei genitori assume dimensioni consistenti e onerose (ad esempio l’iscrizione
al tempo pieno) ci pensa l’assenza di risorse a negare la “personalizzazione”
collettiva a decine di migliaia di famiglie come niente fosse. Anche in questa
accezione quindi la personalizzazione funziona solo nella direzione della disarticolazione
della scuola pubblica; nella direzione opposta i vincoli di bilancio ne rivelano
il carattere di mera copertura ideologica.
Proseguiamo. Se gli obiettivi degli alunni non sono più gli stessi, allora
svanisce il ruolo della scuola nel contrastare gli effetti culturali delle diseguaglianze
sociali presenti nella società. I varchi che si aprono sono enormi. Infatti
la personalizzazione significa percorsi differenziati già a 5 anni e
mezzo in base alle “attitudini” e alle “capacità”.
Per ciò che riguarda le attitudini, è chiaro che a quell’età
le differenze tra i vari bambini non rimandano ad insondabili predisposizioni
della “persona”, ma in gran parte ai condizionamenti sociali con
cui questa persona ha interagito durante la sua esistenza. Eppure il tutor dovrebbe
riconoscere queste attitudini e sulla base di esse consigliare alla famiglia
la frequenza alle ore opzionali più adatte al bambino/a. L’effetto
principale di queste ore opzionali è di costruire momenti scolastici
che riflettono semplicemente le caratteristiche socioculturali dell’ambiente
di vita della famiglia: pianoforte per alcuni, falegnameria per altri. La scuola
dell’individualizzazione proponeva a tutti sia pianoforte che falegnameria,
operando affinché ci fosse la messa in relazione dialettica dei diversi
tipi di saperi. In questo modo i figli degli immigrati recenti e i figli della
media borghesia potevano affrontare gli stessi percorsi fianco a fianco, magari
attraverso didattiche cooperative.
Altrettanto grave è lo stravolgimento sulla base delle capacità.
Sempre più spesso infatti i documenti pedagogici e quelli ministeriali
sono tornati a proporre i “gruppi di livello” tra le scomposizioni
consigliate del gruppo classe; ritorna cioè ad essere legittimata la
divisione per livelli di competenza (e di profitto scolastico-disciplinare)
dei bambini/e. La personalizzazione, in nome della fedeltà alla realtà,
ripropone con forza il raggruppamento dei “bravi” e, separato, quello
dei “somari”.
Al centro di tutti questi processi sta la nuova figura dell’insegnante
tutor che concentra nella sua persona tutte le funzioni chiave della personalizzazione:
Raccoglie le istanze delle famiglie in relazione al percorso scolastico, orienta
le famiglie stesse riguardo alle ore opzionali, compila il portfolio delle competenze
di ogni alunno in contatto con la famiglia e il territorio. La forza didattica
della scuola non viene più costruita attraverso la collaborazione tra
docenti, (abolito il il consiglio di classe). Il tutor sarà il coordinatore
degli insegnanti, sia quelli interni al contratto-scuola, sia quelli esterni
previsti già da oggi per le ore opzionali. Al posto del consiglio di
classe come luogo di discussione e confronto per la valutazione emerge l’insegnante
tutor che raccoglie le certificazioni dei diversi insegnamenti e le assembla
nel portfolio. Non è detto che in futuro il tutor non possa diventare
l’unico insegnante interno di una scuola pubblica in gran parte esternalizzata
e precarizzata.
Vedi anche: anticipo,
classe (vista
da una insegnante), genitori/famiglia
1, genitori/famiglia
2, genitori/famiglia
3, gruppo
di livello, modularità,
modularità/personalizzazione,
portfolio, tutor.